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BERLUSCONI LASCIA LO STESSO VUOTO CHE LASCIÒ LA FINE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA PER LA PRIMA REPUBBLICA

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La forza è misurata da un senso di vuoto collettivo che Berlusconi lascia e che va oltre la politica. Come se mancasse qualcosa che appartiene a tutti, che fa parte delle nostre famiglie, che è stato amato e avversato in modo durissimo sul piano politico e giudiziario, ma che è rimasto sempre presente. Per certi versi si riproduce oggi un fenomeno simile a quando si è sciolta la Democrazia Cristiana perché la prima Repubblica era la Democrazia Cristiana, ma era anche l’Italia della Chiesa e delle parrocchie, della scuola per tutti e dell’edilizia popolare, era l’Italia del potere e delle correnti, della laicità del cattolicesimo popolare, aveva sempre un punto di contatto con ognuno degli italiani

Silvio Berlusconi è un uomo che ha avuto mille vite, mille discese e mille risalite, di ogni tipo, politiche, imprenditoriali, in casa e fuori. È un uomo che ha avuto mille conflitti, mille accanimenti e mille vie di uscita dagli angoli più stretti. Soprattutto, però, ha dimostrato con la sua vita di imprenditore e di politico che erano possibili due cose apparentemente impossibili. La prima. Un sistema televisivo privato che facesse concorrenza alla tv pubblica. La seconda. Inventare un partito da zero sulle macerie dei partiti della Prima Repubblica travolti tutti, meno mezzo, da Mani Pulite. Dopo di lui un fenomeno simile non è più successo.

È stato il primo Presidente del Consiglio a non essere espresso dalla politica. Non è uscito dai partiti, ma dall’imprenditoria. Non c’era mai stato un caso di questo tipo in Italia e l’altra novità strettamente collegata a essa è che il capo di questo nuovo partito Berlusconi non lo ha fatto da tecnico ma da politico. Da politico di razza che si è inventato il suo partito su misura e lo ha guidato e gestito da politico che sapeva farsi di gomma e di ferro e da uomo di Stato di statura nazionale e internazionale che ha fatto cose buone e commesso errori ma nei momenti cruciali ha messo l’interesse nazionale prima di tutto.

Chi scrive ne chiese le dimissioni da Presidente del Consiglio con un titolo a caratteri cubitali, FATE PRESTO, dalle colonne del Sole 24 Ore che all’epoca dirigevo, perché erano a rischio il lavoro e il risparmio degli italiani per più di una generazione. Lui non accettò le pressioni ricattatorie del duo Merkel-Sarkozy e, ancora di più, della Lagarde che volevano commissariare l’Italia con i soldi del Fondo Monetario Internazionale, ma non esitò invece a fare il passo indietro che evitò al Paese un default sovrano analogo a quello argentino. Un Paese più ricco e meno popolato di noi che da allora non solo è diventato povero, ma non si è mai più ripreso. Fece il passo indietro da noi richiesto Berlusconi e lo fece, dichiarandolo, perché non si sarebbe mai perdonato che la speculazione internazionale si mangiasse il suo Paese. Silvio Berlusconi ha inventato il bipolarismo che oggi riteniamo classico tra centro destra e centro sinistra, impersonificato da lui e da Prodi, ma prima questo bipolarismo in Italia non era mai esistito e si deve a lui un capitolo importante della storia politica italiana che è quella della seconda Repubblica. Che nessuno potrà mai saltare se vorrà capire chi siamo oggi e che cosa potremo essere domani. La verità dei fatti ci dice che in politica la lunga stagione di Berlusconi riguarda l’ultima età della speranza, dell’ottimismo, dell’idea che il mondo andasse verso un orizzonte molto sereno. Ha ottenuto fiducia in politica per questo.

Questa aspettativa è progressivamente venuta meno. Ha potuto durare più a lungo lucrando abilmente sulla rendita della sinistra dei gufi. Oggi non c’è più un’opposizione speranzosa come era ai suoi tempi. Ai suoi tempi sia lui sia la sinistra di Prodi e Bersani pensavano che si poteva organizzare tutto per il meglio. Berlusconi pensava o dichiarava che si poteva fare senza grandi costi per nessuno, c’era sempre un piccolo o grande sogno da vendere. Memorabile la scena, anche lì c’ero, a Porta a Porta quando nel faccia a faccia con Prodi, dopo avere fatto finta di rispondere all’ultima domanda mia e di Marcello Sorgi, mise gli occhi nella telecamera e non li mollò più ripetendo ossessivamente: tu hai una casa? Tu paghi l’Ici? Vota Silvio, parola di Silvio, e non pagherai più l’Ici! Ricordo che uscendo dagli studi di via Teulada Prodi mi chiese come era andata e mi venne istintivo di rispondergli così: tu hai una casa? Tu paghi l’Ici? Parola mia hai perso un milione di voti”.

In quella stagione del bipolarismo inventato da Berlusconi che è il segno storico della Seconda Repubblica è, però, un dato di fatto che la sinistra pensava anch’essa di organizzare questo mondo migliore puntando ovviamente a una redistribuzione tra le parti, ma è certo che perseguiva lo stesso sogno di andare avanti. Prima, cioè, a quell’epoca, voglio dire questo, tutte e due le parti erano in cammino verso un mondo migliore. Oggi purtroppo invece danno tutti la sensazione di essere in cammino verso una catastrofe con atteggiamenti e comportamenti differenti tra una parte e l’altra. La destra dice: facciamomuro, ci siamo noi. La sinistra dice: l’unica cosa è rovesciare tutto.

Durante il suo primo ricovero al San Raffaele che ha avuto momenti di grande paura ed è durato a lungo mi veniva di pensare a un Berlusconi costretto a guardare questa radicalizzazione che è esattamente il contrario di quello che lui ha espresso politicamente. Anche i conflitti di interesse di oggi sono paradossalmente una sottolineatura dei tempi che cambiano rispetto alla sua stagione dove non era più possibile distinguere tra un imprenditore e un politico e molti imprenditori hanno provato a fare politica. Anche questo conflitto di interessi minore e diffuso di oggi, perché sembra riguardare tutti e tutto in ogni ambito, fa parte del cambio d’epoca rispetto a una stagione che concepiva solo cambi d’epoca non traumatici.

Nell’orizzonte politico di Berlusconi anche sul piano internazionale era concepita e prevista una fine sempre dolce perché non c’era concettualmente spazio per una guerra come quella della Russia in Ucraina. Prevaleva la convinzione che si poteva ricomporre sempre tutto con la risposta dell’ottimi – smo. Pratica di Mare con Bush e Putin intorno a lui è di certo il punto più alto di quella politica estera italiana. Faceva fatica Berlusconi a uscire da questa sua visione del mondo. Perfino davanti a una crisi d’epoca, per intenderci. Questo, purtroppo, è ciò che oggi non è più possibile perché la geopolitica globale è cambiata silenziosamente da competizione a conflitto tra mondo autocratico e mondo occidentale, è cambiato tutto al punto che pandemia globale e guerra di invasione di Putin in Ucraina sono conseguenza non causa di questo drammatico cambiamento di scenario.

Come lo sono stati e lo sono le armi dei russi e i soldi dei cinesi con cui il nuovo dominio autocratico orientale prova a colonizzare Africa e India. Come lo è il disegno imperialista di Putin che ha fatto le sue prove prima in Crimea, Georgia e Cecenia, ora in Ucraina, e se l’Occidente non riuscirà a fermarlo proseguirebbe ancora di sicuro. Tutto o quasi è cambiato perfino nel suo impero comunicativo al contrario di quello che pensava Berlusconi, si torna al capitolo che è meglio essere uno sponsor esterno della politica, non un’espressio – ne politica tout court. Si torna al Berlusconi pre-politico che ha puntato prima su Craxi, poi su Segni, e infine su di lui scandendo bene “de – vo giocare io in prima persona” an – che perché Segni gli disse di no e lui per definizione è in grado di fare tutto. A noi di questa lunga stagione, che meriterebbe ben altri ingrandimenti sulla politica estera e sul capitolo giustizia, resta una lezione per l’oggi. Che è una sola: non si può continuare a gestire situazioni così complesse come sono quelle attuali con la politica degli opposti estremismi di destra e di sinistra.

C’è un disperato bisogno del ritorno di quella via di mezzo della politica che sappia essere un punto di riferimento del Paese. Ecco perché quello che ora prima di tutto bisogna capire è se con la sua scomparsa finisce anche questo bipolarismo o se sopravviverà in modo diverso alla sua scomparsa. Ora bisogna vedere se quel partito che lui ha creato dal nulla riuscirà a sopravvivere e questo vuol dire capire se quell’area centrista che lui tra alti e bassi aveva stabilmente collocato all’interno del centrodestra rimarrà dove è rimasta fino al suo ultimo sospiro o se verrà inglobata dentro la nuova Destra o rinascerà insieme con altre forze collocandosi fuori dai due schieramenti classici del bipolarismo classico inventato da lui. Una cosa, però, è certa: con la scomparsa del più grande combattente della politica e della vita che è stato per tutti Silvio Berlusconi è finita per davvero la Seconda Repubblica.

Anche se il suo partito, Forza Italia, non aveva più la forza di una volta, la scomparsa dell’uomo che ha rappresentato la Seconda Repubblica in questo Paese pone a tutti il tema strategico di come si ricostruirà il sistema politico italiano e che forma prenderà per davvero la Terza Repubblica. La dimensione di questa sfida che la politica tutta ha oggi davanti a sé è misurata da un senso di vuoto collettivo che Berlusconi lascia e che va oltre la politica. Come se mancasse qualcosa che appartiene a tutti, che fa parte delle nostre famiglie, che è stato amato e avversato in modo durissimo sul piano politico e giudiziario dove si è arrivati alla persecuzione, ma che è rimasto nonostante tutto sempre presente. Per certi versi si riproduce oggi un fenomeno simile a quello che è accaduto quando si è sciolta la Democrazia Cristiana, chiusa con un fax da Mino Martinazzoli, perché la prima Repubblica era la Democrazia Cristiana, ma la Democrazia Cristiana era anche l’Italia della Chiesa e delle parrocchie, della scuola per tutti e dell’edilizia popolare, era l’Italia del potere e delle correnti, della laicità del cattolicesimo popolare, aveva sempre un punto di contatto con ognuno degli italiani.

Oggi con la scomparsa di Berlusconi succede qualcosa di analogo per quello che ha rappresentato e continuerà a rappresentare nell’immaginario collettivo. Una figura che non rientra in nessuno dei canoni classici perché li tocca tutti e in modo diverso, ai massimi livelli sempre, con colori e modalità forti, a volte rocambolesche, a tratti miracolose. Una figura segnata dai suoi strepitosi successi e dai suoi eccessi, con una vita privata che un Presidente del Consiglio in carica non può avere ma usata con la clava giudiziaria a fini politici, alla quale pure è incredibilmente sopravvissuto, rialzandosi sempre da combattente. Con una condanna per reati fiscali che lo costrinse alle dimissioni da senatore e ai servizi sociali svolti con la generosità dell’uomo, forse per lui il capitolo più doloroso, e il mistero sopravvissuto a tutto delle 22 fiduciarie con cui il suo gruppo fu quotato in Borsa senza mai averne aperto l’accesso e avendo tutti accettato la dichiarazione che erano possedute interamente dalla famiglia Berlusconi.

Con un capitolo che riguarda i rapporti con Cosa Nostra che ha toccato suoi collaboratori, ma mai lui che ha segnato la sua azione di governo con provvedimenti molto duri contro la criminalità organizzata. Anche questo era un capitolo che sembrava non finire mai nel racconto mediatico italiano e che, di sicuro, molti vorranno fare sopravvivere anche dopo le sue esequie. Parliamo di un uomo, come avete capito, non catalogabile e, forse, neppure classificabile. Ha cambiato il sistema urbanistico italiano con i suoi esordi da costruttore. Ha cambiato il modello televisivo italiano rivoluzionando la comunicazione e l’industria dell’intrattenimento. Ha cambiato il sistema politico con Forza Italia e ha impersonificato la Seconda Repubblica. È stato il Presidente del Consiglio italiano più longevo superando De Gasperi e Andreotti. Ci sono sequenze straordinarie in tutti questi passaggi, e molti altri ancora, e l’orgoglio della sua famiglia che ne raccoglie l’eredità imprenditoriale e avrà un ruolo anche in quella politica. Sono tutte espressione della personalità multiforme di un grande italiano che appartiene alla storia e sapeva parlare al cuore delle persone. Anche questo era Silvio Berlusconi.


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