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Ernesto Parisi, neodelegato nazionale dei Giovani Coldiretti

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COSA tiene insieme uno dei tanti giovani con una laurea in Economia alla Bocconi, una settimana in tenda con una tribù indigena del nord Argentina e il ritorno a casa in Calabria, per dedicarsi all’agricoltura, alla coltivazione delle olive e metter su un orto sociale, dedicato alle persone con disabilità? Un mix di elementi: spirito imprenditoriale, senz’altro, ma anche un legame forte con la terra e la convinzione che si possa produrre, insieme al reddito, anche «felicità condivisa».

L’identikit – come la breve bio accennata in premessa – è quello del cosentino Enrico Parisi, classe ‘92, eletto due giorni fa delegato nazionale dei Giovani Coldiretti. Nell’associazione, del resto, Parisi è cresciuto bruciando le tappe: dal 2017 è giovane dirigente della Coldiretti, prima come delegato provinciale di Giovani Impresa Coldiretti Cosenza, e attualmente anche delegato regionale dei giovani e presidente di Coldiretti Cosenza.

«Sono tornato in Calabria sette anni fa, dopo aver fatto uno stage per giovani a Rio presso la Camera di Commercio italobrasiliana: la mia famiglia è in agricoltura, ha un’azienda agricola a Corigliano Rossano, produce agrumi, ortaggi, olive. Il desiderio di confrontarmi con la mia regione, il richiamo stesso della terra, per chi è cresciuto in un’azienda agricola, erano forti. Ho fondato io stesso una mia impresa, dedicata esclusivamente all’olivicoltura» racconta Parisi. Nel 2017 introduce la selezione speciale numerata “Igp Olio di Calabria”, uno dei primi Igp della regione, in aggiunta pure biologico. Rivede «il concept», il marketing, tempi e tecniche di raccolta, lo stoccaggio, puntando sull’innovazione per monitorare la salute delle piante e il fabbisogno d’acqua. «Nel frattempo, abituato com’ero a non stare fermo e a viaggiare zaino in spalla (dell’esperienza in tribù abbiamo detto all’inizio, ma nel suo girovagare Parisi si è ritrovato anche a casa di Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, ndr), sentivo il bisogno di nuovi stimoli – racconta – E mi sono imbattuto nella squadra di Coldiretti Calabria. Lì ho trovato persone che non mi hanno fatto sentire “volgarmente” giovane, ovvero inesperto e immaturo come spesso capita che i giovani vengano considerati in Italia. In Coldiretti Calabria si lavora per costruire le condizioni che rendono possibile ai giovani restare nella propria terra e dedicarsi all’agricoltura. Perché sì, il futuro dei calabresi può essere in Calabria. Ho potuto sbagliare, sperimentare, scoprire tutte le sfaccettature del mondo agricolo. E mi sono innamorato dell’agricoltura sociale».

All’interno dell’azienda Enrico ha sperimentato l’iniziativa “+ che olio coltiviamo cultura” che in collaborazione con una cooperativa sociale locale – I figli della luna – ha ideato il primo orto sociale di Corigliano Rossano, ispirato dal motto «crescere insieme per crescere meglio». Piante di pomodori e peperoni sono state così utilizzate come strumento di “pedagogia agricola” per persone con disabilità. E nel 2021 «per il suo appassionato contributo alla promozione di pratiche di sostenibilità sociale, ambientale ed economica» il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella gli ha conferito “motu proprio” il titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Quella di Parisi è la storia di un calabrese che ritorna in Calabria e di uno tra i giovani che torna alla terra e all’agricoltura. E non è l’unica, per fortuna: è una tendenza che si sta rafforzando. Ma la strada non è discesa. «Non amo piangermi addosso – dice, quando gli chiediamo quali sono gli ostacoli che il settore incontra in regione – ma, certo, la Calabria è una terra difficile. Il primo limite è la logistica: noi spendiamo in trasporti più di tutti gli altri colleghi. C’è un rincaro di 4 euro da considerare e che va a sommarsi ai costi di produzione, rendendo ardua la competizione. E il problema non sono solo i collegamenti all’esterno ma anche quelli interni: gli agricoltori, e soprattutto i giovani, hanno bisogno di mantenersi in contatto, di incontrarsi e fare rete. E serve la banda larga nelle aree interne».

Incontrarsi, confrontarsi, fare rete: è necessario anche per conoscere il territorio. «I giovani devono riscoprire la propria terra – dice Parisi – Le faccio un esempio. Noi in Calabria abbiamo un prodotto eccellente, con proprietà organolettiche uniche: il fico dottato dop. Coldiretti Calabria sta lavorando su un contratto di filiera con Noberasco, azienda leader nel settore alimentare per frutta secca e disidratata. La disponibilità di fichi dottati, però, in Calabria è pochissima perché negli anni si è prodotto sempre meno: ora, grazie al progetto con Noberasco su cui il presidente di Coldiretti Calabria Aceto e il direttore Cosentini stanno lavorando, si sta tornando a piantumare».

Bisogna lavorare anche, aggiunge poi, sulla formazione. «In Calabria abbiamo una grande risorsa che è l’Arsac, per troppo tempo bistrattata, ma che sotto la guida di Bruno Maiolo ha ritrovato la sua funzione – spiega Parisi – Molti non sanno, ad esempio, che il più grande parco di biodiversità olivicola del’Europa si trova in Calabria, a Mirto Crosia: è un terreno sperimentale gestito da Arsac, insieme al Crea, che ospita tutte le oltre 500 varietà di olivo italiane e anche una sezione di cultivar estere. E non è neanche un caso, inoltre, che il Centro di ricerca olivicoltura del Crea abbia la sua sede ‘nazionale’ in Calabria, a Rende. Ecco, è anche a questi strumenti che i giovani agricoltori devono avvicinarsi».

Altro limite che incontra chi vuole lanciarsi nell’impresa agricola è poi l’accesso al credito e alla rete di vendita. E se per la seconda – così come per tutto quello che riguarda la conoscenza del sistema fiscale e burocratico – Coldiretti Calabria offre una grande mano, grazie ai mercati di Campagna amica e ai servizi del Caf, per il primo serve l’attenzione degli istituti bancari. «Qualcosa si sta muovendo, Coldiretti lavora anche come mediatore, ma ancora non basta» dice Parisi. E poi – tra le grandi sfide con cui l’agricoltura, non solo calabrese, deve confrontarsi – non può non citarsi il cambiamento climatico. «Per l’olio si profila una campagna difficile quest’anno, abbiamo alternato periodi di forte umidità ad altri di grande caldo – commenta – Bisogna lavorare sulla mitigazione, riducendo le emissioni in atmosfera. E si badi bene però a un punto: le aziende agricole e zootecniche non possono essere considerate al pari delle industrie! Noi siamo un esempio di economia circolare e di sostenibilità e contribuiamo a ridurre le emissioni perché il nostro patrimonio verde, e quello olivicolo in particolare, contribuisce ad assorbire carbonio dall’atmosfera. Accanto alla riduzione delle emissioni, per sostenere il comparto agricolo dal clima che cambia è essenziale assicurare riserve idriche e ridurre il consumo del suolo. Anche quello dei pannelli fotovoltaici: mettiamoli sui capannoni, sulle serre, ma non sui terreni».

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