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Il boss di Cutro Nicolino Grande Aracri

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CUTRO – Non esiste inchiesta antimafia di un certo spessore nell’ambito della quale fossero in corso intercettazioni nell’aprile 2021 in cui non sia documentata la fibrillazione che negli alti livelli della ‘ndrangheta aveva provocato il pentimento – poi rivelatasi una farsa – del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri.

Se ne parla anche nelle carte dell’inchiesta della Dda di Milano che ha portato all’operazione Hydra, che avrebbe fatto luce su un consorzio tra mafie in Lombardia. Uno dei fautori del patto tra diverse organizzazioni criminali è Massimo Rosi, presunto reggente del “locale” di ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, articolazione al Nord della cosca Farao Marincola di Cirò.

Era il 17 aprile 2021. Il giorno prima il Quotidiano del Sud aveva pubblicato in esclusiva la notizia poi ripresa da veri media. A colloquio col coindagato Raffaele Barletta che osserva: «mi hanno detto pure che quest’altro qua ha saltato il fosso! Si è pentito», Rosi replica: «ma già si sapeva».

Quindi negli ambienti criminali la voce si era già sparsa, a quanto pare. Rosi è preoccupato: «ma già si sapeva». E quando Barletta osserva che la notizia l’hanno data al Tg5, Rosi rincara la dose: «è un bordello». «Bisogna vedere se si riesce qua che si deve fare – prosegue Barletta – Perché qua con questa questione che esce questo è una questione delicata». Rosi ammette: «questa è pesante».

E aggiunge che bisognava eliminare Salvatore Angelo Cortese, ex braccio destro di Grande Aracri, collaboratore di giustizia questo sì vero, che aveva fatto dichiarazioni sul “locale” di Legnano e Lonate Pozzolo. Ma il capo, Vincenzo Rispoli, oggi in carcere, stroncò sul nascere il progetto omicida. «Quel bastardo di Cortese…fermarlo subito. Cenzo non ha voluto».

Non erano i soli a temere. In una conversazione intercettata nel corso di un’altra inchiesta della Dda di Milano Giovanni Morabito, figlio di Giuseppe il Tiradrittu, storico boss di Africo, parla di “finimondo” che Grande Aracri avrebbe potuto scatenare.Temeva anche Nicola Comberiati, figlio del boss di Petilia Policastro Vincenzo Comberiati, che, come emerge da un’inchiesta della Dda di Catanzaro, il 16 aprile 2021 affermava che se Grande Aracri dicesse quello che sa sul suo conto lui verrebbe condannato a 20 anni di carcere, tant’è che si mette a rileggere la documentazione giudiziaria in suo possesso, anche carte vecchie.

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