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Wolfgang Schäuble e Jacques Delors

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NON è facile scrivere il bilancio di due europeisti in un periodo in cui l’europeismo è nuovamente in balia dell’ascesa dei populisti e dei nazionalisti: la scomparsa di due personaggi chiave dell’integrazione, come Jacques Delors e Wolfgang Schäuble, rende ancora più incerto il futuro di un’Europa sempre più povera di politici in grado di formulare una visione strategica sulla governance condivisa del Vecchio Continente.

Il democristiano e il socialista, il tedesco Schäuble e il francese Delors. Una dimensione di progettualità bipartisan oggi difficile da immaginare, anche con i dovuti distinguo tra i due personaggi. Delors è morto ieri all’età di 98 anni; Schäuble martedì, a 81 anni. Il primo è stato l’artefice e il promotore, come presidente della Commissione UE, di un periodo che oggi potremo definire d’oro per l’integrazione: mercato unico, moneta unica, Schengen. Il secondo è stato uno dei padri delle riunificazione, scrivendo inoltre il trattato internazionale che sancì la fine delle due Germanie.

Non è facile scrivere (e parlare) soprattutto di uno come Schäuble, che ha segnato in maniera così pervasiva, e per lungo tempo, la vita politica tedesca ed europea. Cancelliere mancato, leader della CDU, guardiano dell’ortodossia di bilancio, architetto del trattato della riunificazione tedesca, a suo modo europeista. Schäuble è stato una moltitudine di cose importanti, non tutte positive se pensiamo all’austerità eccessiva che pretese di imporre alla Grecia in cambio del salvataggio. Sui social, da tempo pozzi irrimediabilmente avvelenati, è stato prevalentemente ricordato per questo aspetto, come l’aguzzino di un popolo al quale aveva teso la mano con un senso di fastidio e alterigia. Insulti che non rendono giustizia né alle sofferenze dei greci né ai meriti di Schäuble che dopotutto, assieme alla cancelliera e all’allora presidente della BCE, Mario Draghi, contribuì alla salvaguardia della moneta unica europea, scossa prima dalla crisi finanziaria ed economica del 2007-2008 e, subito dopo, dalla crisi debitoria. Ironia della sorte, proprio nel giorno della sua morte, l’Economist, per quel che può valere, ha nominato economia dell’anno proprio la Grecia, un Paese che non solo ha saputo risollevarsi, ma è tornato a crescere a ritmo sostenuto creando nuovamente una ricchezza che però attende di essere più equamente redistribuita dopo gli anni dell’austerità.

Wolfgang Schäuble è un condensato di Storia contemporanea della Germania. Nessuno nel suo Paese è stato parlamentare così a lungo: esattamente mezzo secolo. È stato il braccio destro di Helmut Kohl, capo della cancelleria, due volte suo ministro. Poi, nei fatti, è diventato il braccio destro di Angela Merkel nel ruolo di ministro delle Finanze, dal 2009 al 2017. Come spesso accade alla classe dirigente tedesca, è giurista di formazione, laureatosi in Legge all’università di Friburgo, sua città natale, e fin da giovane attivista della CDU. Nel 1990, pochi giorni dopo la riunificazione del suo Paese, subì un attentato che quasi gli costò la vita. Durante il raduno di una campagna elettorale uno squilibrato gli sparò tre colpi di pistola a distanza ravvicinata. Uno di questi raggiunse la spina dorsale e lo costrinse per sempre sulla carrozzina a rotelle. Questo tragico evento contribuì a segnare il suo destino politico, ma fino a un certo punto. Le sue ambizioni di leadership non vennero meno e nella seconda metà degli anni Novanta era visto come l’erede naturale di Kohl alla guida dei democristiani tedeschi e, di conseguenza, del Paese. A fine millennio giunse però lo scandalo dei fondi neri alla CDU, che intaccò prima il prestigio del suo mentore e poi dello stesso Schäuble, accusato di aver accettato 100mila marchi per il Partito. Fu un duro colpo per un uomo che già allora aveva fatto del rigore morale una ragion d’essere. Fu scavalcato dall’astro nascente della CDU, Angela Merkel, che seppe cinicamente prendere la distanze dai due maggiorenti democristiani, indeboliti dallo scandalo. Poi sappiamo com’è andata. Merkel cancelliera, per un periodo di tempo – quattro mandati – lungo come quello di Kohl. E Schäuble come compagno di viaggio poco accondiscendente nel ministero simbolo della stabilità e della politica tedesca di bilancio, quello delle Finanze. Con lui il Paese ha centrato l’obiettivo di lungo termine del pareggio di bilancio, il famigerato “schwarze null”, lo zero nero. E così l’hanno salutato i dipendenti del ministero, nel 2017, al suo ultimo giorno di ministro prima di diventare presidente del Bundestag: componendo, nerovestiti, un grosso zero umano nel cortile del Bundesfinanzministerium.

L’eredità è pesante, soprattutto nei giorni in cui il Governo tedesco, guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz, è in difficoltà proprio sulle politiche di bilancio per coprire un buco da 60 miliardi scavato da una clamorosa sentenza della Corte costituzionale. Ed è pesante, e controversa, anche per quanto riguarda l’Europa e soprattutto la Grecia, Paese che lo stesso Schäuble nel 2015, ma anche prima, avrebbe voluto vedere prendersi una vacanza dall’euro perché la sua economia non era competitiva e soltanto una svalutazione (impossibile da attuare all’interno come Paese membro della moneta unica) avrebbe potuto salvarla.

Quella di Schäuble era sicuramente una visione non condivisa da Delors, che in un editoriale pubblicato da Le Monde nel 2016, all’indomani del referendum sulla Brexit (e ripubblicato ieri) lanciava un appello a tornare a un approccio meno contabile, meno economico e prosaico e più valoriale dell’entità europea. Delors scrisse di un’Europa fondata sui tre pilastri dello sviluppo sostenibile, economico, sociale e ambientale. Queste direttrici, aggiunse, erano state già abbandonate dal 1995.


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