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La vicenda risale al 1 ottobre 2001, quando il ministro delll’Interno, preso atto della pericolosità dell’area industriale, dispone che il commissario delegato (presidente della Regione Calabria), definisca e attui le misure necessarie per la bonifica; a tali fini il commissario provvede, anche in danno dei soggetti obbligati, ad adottare tutte le misure di messa in sicurezza di emergenza necessarie, e ad attuare il progetto di bonifica e ripristino ambientale. Il Ministero dell’Ambiente dispone indagini approfondite e arrivano i dati dell’Arpacal: l’inquinamento c’è ed è arrivato addirittura alla catena alimentare.
Si tenta di smorzare i toni per evitare allarmismi, ma nel 2003 il Ministero comunica alla Provincia e al Comune, di adottare tutti i provvedimenti necessari per evitare ulteriori danni.
La relazione dell’Arpacal che ha svolto accertamenti analiticisu campioni di prodotti agricoli coltivati nell’area immediatamente a ridosso degli stabilimenti dell’ex Pertusola ed ex Montedison, non lascia dubbi: in alcuni campioni di barbabietola è stato riscontrato un valore di piombo tre volte superiore a quello previsto nei limiti di legge.
E’ dal 2003 che gli enti istituzionali puntano a risolvere il problema della bonifica, rivolgendosi alla Syndial, proprietaria del sito di Pertusola, ma da qui comincia il balletto delle responsabilità, della burocrazia, che hanno ritardato il risanamento della zona, provocando di conseguenza, danni enormi alla salute dei cittadini.
La Syndial infatti, si rifiuta di mettere in sicurezza la zona, sostenendo l’illegittimità dell’atto, in quanto a suo parere, mancherebbero gli elementi di attribuzione di responsabilità dell’inquinamento a suo carico.
C’è da aggiungere che l’Asl 5, affermava chiaramente in un documento: “il lungo periodo dell’attività delle fabbriche ha prodotto e continua a produrre danni alla salute dei lavoratori, come rilevato dall’Oms, e questo provoca un’incidenza maggiore delle neoplasie maligne a Crotone”.
A denunciare alla procura della Repubblica i ritardi in questa fase è il presidente della Provincia, Sergio Iritale, che però non ha risposto immediatamente. Intanto il Nucleo Investigativo sanità e ambiente (Nisa), diretto dall’Ispettore Savoia, ha moltiplicato i rapporti; una delle relazioni di quattro anni fa dice: “Le aziende hanno spesso usato espedienti per aggirare ò’operatività delle norme, come quello di classificare come inerte riutilizzabile, un rifiuto che invece avrebbe dovuto essere conferito in discarica”. E i rifiuti in questione sarebbero scorie di cubilot, buttate via in montagne di polvere nera dall’ex Pertusola, dal quale uscivano fuori veleni pericolosissimi. L’Asl conferma che quelle scorie nere, provocano il cancro.

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