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Due intense mezze giornate di lavoro hanno consentito a uomini politici, rappresentanti istituzionali, studiosi ed ex consiglieri di Calabria e Basilicata, assieme ai responsabili dell’ente Parco Nazionale del Pollino e ad operatori economici e sociali, di rivisitare le problematiche connesse con lo sviluppo del sistema dei Parchi e della montagna calabrese, in questa occasione la riflessione ha interessato il parco nazionale del Pollino e di mettere a fuoco lo status delle «aree interne», la cui condizione appare a rischio, per via del fenomeno dell’abbandono lento ed in arrestato di questi territori, da parte dell’uomo. I partecipanti al seminario – è scritto in un comunicato dell’ente parco – hanno preso atto con soddisfazione della sottoscrizione della intesa istituzionale riguardante il Parco del Pollino, tra il Parco, le Regioni Basilicata e Calabria, le Province di Cosenza, Matera e Potenza. Questo strumento di concertazione istituzionale, firmato il 27 settembre del 2008, ha sancito l’assunzione dell’impegno alla collaborazione permanente tra i soggetti firmatari, che prelude ad un efficace e sinergico utilizzo delle risorse recate dai POR delle due Regioni, dai Pon nazionali e dalle risorse statali, a beneficio del Parco, facendo presagire risultati importanti e significativi per l’intera area del Pollino. Una particolare sottolineatura è stata anche emersa sulla inderogabile necessità che l’ammodernamento del tratto dell’Autostrada SA-RC che interessa il territorio del Parco del Pollino, in fase di ampliamento e messa in sicurezza, come l’intera A3, sia progettata con i connotati caratteristici della sostenibilità ed ubbidisca alla fondamentale ed inderogabile necessità ed urgenza di rappresentare essa stessa un esplicito invito a visitare il Parco, dopo averne segnalato in maniera evidente e concreta la sua presenza. Un vero e proprio grido di allarme, alto e forte, si è levato dal Seminario anche per chiedere con forza una «politica organica per la montagna» ed una forte e sinergica azione delle Regioni e del sistema dei Parchi, per arginare un esodo le cui origini, secondo quanto emerso dalla due giorni di relazioni, interventi programmati e dibattito, si fanno risalire ad una sorta di disarmo dei servizi fondamentali per una vita umana e moderna che sia in qualche misura competitiva con la qualità della vita urbana (scuola – sanità – servizi sociali – viabilità e trasporto locale – lavoro e formazione professionale – sicurezza). I dati statistici – si evidenzia nel documento – evidenziano, specie nell’ultimo decennio, un calo costante dei residenti, un saldo demografico negativo natalità/mortalità, la crescita delle case disabitate, la chiusura di piccoli negozi ed un costante trasferimento delle famiglie ancora rimaste verso i Comuni marini che possono offrire buoni servizi scolastici – sanitari – sociali e di trasporto locale. Il fenomeno dell’abbandono, continua a segnare la realtà – è stato rilevato – malgrado le aree interne siano, per alcuni aspetti, competitive con la qualità della vita urbana (radio – televisione – internet – telefonia fissa e mobile – stampa) e per quanto riguarda la disponibilità di energia (elettrica, metano o prodotta da fonti rinnovabili) e malgrado emerga tra i giovani una volontà di non abbandonare la propria terra. È stata unanime la considerazione che la difesa delle aree interne sia fondamentale, in Calabria, per difendere la storia, la cultura i saperi ed i sapori che le caratterizzano e che vanno riscoperti, valorizzati ed offerti sul mercato interno nazionale, oltre che su quello europeo e mediterraneo, per allargare la stagione turistica e favorire una fruizione maggiore delle risorse, dei Beni Culturali ed Ambientali di cui è ricco il nostro territorio, con vantaggi economici e sociali di evidente rilievo. La problematica dell’esodo, perciò, nella valutazione unanime dei partecipanti, va affrontata con azioni sinergiche e mirate, che vedano come protagonisti tutti i livelli di «governance» a carattere pubblico (Parchi, Corpo Forestale dello Stato, Province – CC.MM.) che hanno competenze nelle aree interne, assieme alle parti sociali, coordinati dall’Architetto generale dello sviluppo che non può che essere la Regione, cui compete il dovere della programmazione operativa e della mobilitazione delle necessarie risorse economiche, provenienti dall’Unione Europea, dallo Stato, dal proprio bilancio. Per attivare una azione mirata di promozione dello sviluppo delle «aree interne», capace di affrontare e fermare, nel medio periodo l’esodo delle famiglie, dal Seminario è venuta la proposta di istituire un «FORUM» ed un «Osservatorio permanente» aventi carattere istituzionale/sociale: un luogo – nonluogo, nel quale possano convergere e convenire responsabili istituzionali e sociali, col compito di predisporre in breve tempo un programma di interventi capaci di porre le premesse per la sua valorizzazione. Il programma di interventi – continua la nota – non potrà che fare riferimento per quanto riguarda i finanziamenti al POR Calabria 2007 – 2013, strumento finanziario indispensabile e fondamentale, da accompagnare con la riaffermazione generale della volontà delle Istituzioni di impedire la polverizzazione delle risorse, che è stata la causa prima dei mancati risultati dell’azione per lo sviluppo promossa con i fondi del POR 2000-2006. A questo riguardo, l’Associazione fra ex Consiglieri della Regione Calabria ha offerto la sua disponibilità a farsi carico della Segreteria organizzativa del FORUM e dell’Osservatorio. Per quanto riguarda altre fonti di finanziamento dello sviluppo, il Seminario ha rilevato il rischio di dirottamento che corrono i fondi FAS destinati alle aree in difficoltà del Mezzogiorno e ritiene sia urgente una pubblica presa di posizione dei Consigli Regionali di Calabria e Basilicata, appositamente convocati, perchè questo rischio sia scongiurato. Quanto ai Parchi – secondo quanto emerso, in particolare nei lavori della seconda giornata – è risultata chiara e generalizzata la domanda convinta che essi devono assolvere all’obiettivo primario di salvaguardare e tutelare la biodiversità ed il paesaggio, ma che contestualmente devono accentuare e velocizzare, ora, una volta superata la fase in cui è prevalsa la cultura del «non si può», le azioni che riguardano la promozione e la valorizzazione del territorio come risorsa per lo sviluppo sostenibile, senza le quali – si legge in conclusione – la stessa permanenza dell’uomo nelle aree delimitate viene compromessa e definitivamente messa in crisi.

(Fonte: Agi)

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