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L’evento è intitolato “Preferirei di No”, ed è nato per iniziativa del corpo docente e degli studenti allo scopo di pubblicizzare le ragioni della protesta e di sensibilizzare l’opinione pubblica.
La giornata alternerà momenti didattici a momenti performativi: letture, esibizioni teatrali, intermezzi musicali.
La serie degli interventi sarà aperta da Roberto De Gaetano con una lezione dal titolo, “Il Dams e la sperimentazione didattica”, che parlerà del ruolo dei saperi specifici dello spettacolo per pensare una didattica innovativa e sperimentale; a seguire un intervento di Carlo Fanelli, dal titolo “Il teatro e la città. Dall’Atene del V secolo al teatro dell’Oppresso sudamericano”, una lezione che intende illustrare l’interazione fra il teatro e la società intesa come entità socio-politica in costante trasformazione.
Seguirà una performance di Teatro dell’Oppresso, metodo introdotto da Augusto Boal negli anni ’60, in Brasile e in Europa, poi diffuso in tutto il mondo, che utilizza il teatro come linguaggio, come mezzo di conoscenza e trasformazione della realtà interiore, relazionale e sociale; un teatro che rende attivo il pubblico e permette a gruppi di “spett-attori” di esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realtà che essi stessi vivono.
È prevista poi la lezione di Silvia Vizzardelli dal titolo “Il tempo della filosofia e il tempo delle riforme: un divorzio programmatico”, incentrata sull’evidente discrasia che si viene a creare tra i tempi dell’università (i tempi lunghi della filosofia) e i tempi concitati delle riforme. Dopo una lettura del discorso pronunciato da Piero Calamandrei al terzo congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950, seguirà la lezione di Bruno Roberti, con la partecipazione degli studenti, che avrà per oggetto una novella di Melville.
Si tratta della vicenda dello scrivano Bartebly assunto in uno studio di avvocato, che per opporsi alla stanca routine del lavoro, passa dalla resistenza passiva, cui si oppone col refrain “preferirei di no”, all’occupazione dell’ufficio una volta licenziato, alla morte per fame in carcere.

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