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«Cosa può fare il mondo del calcio contro il razzismo? Secondo me dargli un calcio». La risposta alla nostra domanda è di Nicola Calabretta, impegnato insieme a Paolo Nigro a preparare la quarta edizione del trofeo “No al razzismo”, in programma da sabato 6 a lunedì 8 dicembre a Rossano. La manifestazione che il responsabile del settore giovanile dell’Ac Rossano e l’Agenzia Nigro hanno ideato tre anni fa, è divenuta oramai un appuntamento fisso nel tabellone dei tornei presenti nella nostra regione e, tra tutte le iniziative calcistiche rivolte ai più giovani, è una delle più importanti. Lo scopo non è soltanto quello di far giocare i più piccoli, di far incontrare bambini e adulti di diverse realtà sportive del meridione d’Italia, ma è soprattutto un modo concreto per aiutare chi soffre. Da due anni, infatti, una parte della quota d’iscrizione viene destinata ad una comunità di suore che aiuta alcuni bambini in Perù. «Non è molto – ci dice uno degli organizzatori – ma è un primo segnale. Qualcosa di concreto per far sentire la nostra vicinanza a chi ha meno di noi. Ci stiamo adoperando molto per cercare di ingrandire la manifestazione, perchè più squadre
partecipano, più grande sarà il nostro contributo per i bambini del Perù». L’invito è esplicito ed è rivolto a tutte le società calcistiche che hanno
tesserati di età compresa tra i 6 e i 12 anni. A loro si rivolge questo torneo perché le categorie interessate sono quelle degli Esordienti, dei Pulcini e dei Piccoli Amici. «Stiamo pensando ad una festa – dice Nicola Calabretta – e non
può esserci festa migliore per i ragazzi se non giocando a pallone. Riteniamo, perchè abbiamo maturato in questi anni la giusta esperienza, che questa manifestazione non possa prescindere dall’idea originaria che resta quella di sensibilizzare i ragazzi su un tema che nel calcio è, ahimé, molto presente. Legati al razzismo ci sono tanti episodi drammatici di violenza a cui si è assistito negli stadi italiani, non solo di serie A e B, ma anche dei campionati minori, e che non fanno che confermare che il mondo del calcio ha bisogno di
profondi cambiamenti al proprio interno, sradicando innanzitutto ogni espressione di razzismo e di odio verso l’altro. Razzismo e violenza sono due facce della stessa medaglia, e possono essere sconfitte solo attraverso l’acquisizione di
regole e comportamenti condivisi tra società di calcio, calciatori, tifosi
e giornalisti, per il rispetto dell’altro e il rifiuto della violenza. Per questo motivo – conclude Nicola Calabretta – ci aspettiamo che chi fa calcio nel settore giovanile risponda positivamente al nostro invito e aderisca ad un torneo che ha un programma che serve non solo a sensibilizzare i bambini ma soprattutto i loro genitori e i dirigenti perché nel calcio giovanile un ruolo decisivo ce l’hanno i grandi che hanno il dovere di insegnare la tolleranza e il rispetto di tutti». «Puntiamo a far nostro – ci dice concludendo Paolo Nigro – quello che il Parlamento Europeo ha evidenziato attraverso un suo documento dove si afferma che il calcio ha tutti i colori, ha tifosi in tutto il mondo, unisce calciatori di
nazionalità diverse nella stessa squadra, esalta le qualità di ogni calciatore, fa viaggiare gli appassionati in tutto il mondo. Il calcio è semplicemente un gioco ma può essere un mezzo per promuovere quelle idee che possono aiutare a
costruire un mondo migliore dove non esista nessuna forma di razzismo e dove tutti i bambini possono giocare liberamente, magari correndo dietro ad un pallone».

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