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Il derby nel derby inizia presto in riva al Crati. E’ il derby delle curve, degli ultrà, degli sfottò, delle coreografie, degli striscioni e dei campanili.
Già dalle 9 di mattina la zona dello stadio e le piazze cittadine sono prese d’assalto. Gli ultrà della curva Sud mettono a punto della coreografia. Entrano ed escono dallo stadio. Trasportano il materiale sugli spalti ancora vuoti e, gradino dopo gradino, posizionano le bandierine. Poi si sistemano i teloni del grande disegno centrale, mentre altri ragazzi agghindano la curva con gli striscioni di tutti i gruppi. Ai botteghini inizia a riformarsi la fila. Dopo 19 anni torna Cosenza-Catanzaro e nessuno vuole mancare. Anche senza tifoseria avversaria la sfida di Calabria resta imperdibile.
E se il sottopassaggio per via degli Stadi dà il “benvenuto” ai giallorossi, con uno striscione offensivo, affisso all’alba, in ogni angolo della città spuntano i
“prepartita”. Non si pranza a casa. Panino e salsiccia e vino rosso con la sciarpa al collo. I ragazzi della Curva Nord, davanti al settore giocano a pallone al ritmo di “a duminica, e pur’u luni, è d’u pallù”. Alla cancellata d’ingresso viene appeso un eloquente “Noi vogliamo i nostri nemici”.
«Siamo da sempre contro i decreti e le leggi repressive – dicono gli ultrà della Nord – che non consentono ai tifosi la libera circolazione sul territorio nazionale». E questo vale anche se si gioca con il Catanzaro. Dal lato opposto via degli Stadi è gremita. «Sembrano i tempi della serie B» dice qualcuno. Tra un Tam-Tam e una Ceres l’attesa è meno dura, ma già alle 13,30 sono tutti o quasi dentro.
Quasi tredicimila spettatori sono pronti per il derby. All’esterno restano solo gli ultrà della Curva Nord. Una protesta di 15 minuti sempre per dire no alla repressione.
Ore 15: eccoli. I lupi fanno capolino. Dalla Sud parte il segnale e la coreografia prende corpo. Dal basso sale un enorme bandierone a strisce rossoblù. Percorre tutta la curva fino a scomparire nella parte alta. Nuovo segnale, e giù le striscione bianche che si uniscono e disegnano uno scenario
da steppa in chiaroscuro su sui ululano i lupi. Poi su le seimila bandierine rosse e blu posizionate ai lati del disegno. Sui lupi appare lo striscione “In agguato”. Lo stadio è tutto un boato. La tribuna B è tornata strapiena, in tribuna A si agitano i palloncini rossoblù. Inizia la sfida. Se in campo i lupi appaiono senza mordente e senza grinta, ci pensano gli ultrà a rimediare.
Un coro dopo l’altro, una sciarpata dopo l’altra, la Sud prova a segnare. Dalla collinetta dietro il San Vito partono i fuochi d’artificio e si accendono i fumogeni. Sono a più di 500 metri dallo stadio, non vedono molto, ma si fanno
sentire lo stesso. Sono i diffidati. Al derby a distanza non rinunciano.
Al 15’ entra la Nord e i cori diventano stereofonici. Poi l’intervallo, il sorvolo di tre catanzaresi in parapendio che mostrano lo striscione “Le aquile vi sovrastano”. Neanche un istante e risponde la Nord: “Anche i conigli volano”. Tanti fischi e pochi attimi di tensione e si riprende. La Sud diventa un muro fitto di rossoblù. Una sciarpa sopra l’altra per una gara da vincere.
Ma i lupi non azzannano. I giallorossi in campo arrivano sempre prima e non tirano dietro la gamba. Il Cosenza non gioca da derby. Ma non è una novità in questa stagione. Fanno tutto gli ultrà e l’intero stadio che avvolge gli undici
in rossoblù con un assordante “lupi-lupi”. Ma niente.
Triplice fischio: 0-0. Ancora un volta l’appuntamento con una vittoria sul Catanzaro è rinviato. Il San Vito si congeda con un lungo applauso alla squadra,
anche se il molti preferiscono imprecare e scappar via. Aspettando maggio.

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