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Giuseppe ha solo cinque anni, gli occhiali più grandi del visetto sorridente e un piccolo tricolore stretto tra le mani in attesa «che arriva lui». Due ore, immobile, più fiero di un corazziere. Cosa devi dirgli? «Niente, voglio vedere com’è il mio presidente». Quando Giorgio Napolitano esce finalmente dal Grand Hotel Lamezia, lui è il primo a sventolare quella bandierina e a stringergli la mano, insieme con altri pochi bambini che nel frattempo, superata la timidezza e aderendo all’iniziativa, avevano fatto gruppo. Giorgio Napolitano si ferma, li saluta, scambia qualche battuta, chiede i nomi di ciascuno, si lascia fotografare con loro (Giuseppe toglie gli occhiali prima dello scatto), poi va via tra gli applausi della piccola folla radunata per strada, fuori dalla stazione centrale che sta dall’altra parte dell’hotel. E’ l’immagine più bella di questa prima giornata calabrese del capo dello Stato. Forse la più significativa, visto che prendendo la parola nella nuova aula consiliare di Lamezia Napolitano sentirà non a caso il bisogno, ringraziando per l’accoglienza ricevuta in Calabria, di mettere in testa a tutti «i bambini, e i giovani di questa terra». E non è un caso, certo, che il tour di questa intensa due giorni” presidenziale sia rimasto a debita distanza dai palazzi della politica, diviso invece – con la tappa lametina per il bagno di folla in centro e la celebrazione dei quarant’anni dall’istituzione del Comune – tra le università di Cosenza e Reggio. Il presidente era partito con leggero ritardo da Ciampino, recuperato poi in volo dal Falcon dell’Aeronautica Militare atterrato ieri mattina alle 9.56 all’aeroporto di Sant’Eufemia dove, dopo un paio di giorni di grande pioggia, il sole è sembrato spuntare per l’occasione. Con il capo dello Stato, lo staff che lo segue in ogni sua missione in Italia, tra gli altri il segretario
generale del Quirinale, Donato Marra, e il consigliere per gli Affari Interni, il calabrese Alberto Ruffo. Prima “fermata” Cosenza, anzi Arcavacata, sede dell’Università della Calabria, dove ad attendere Napolitano c’era un esercito di forze dell’ordine, in movimento già dalle sette del mattino e con tanto di tiratori scelti piazzati sui tetti degli ormai leggendari “cubi” dell’ateneo. L’inaugurazione dell’anno accademico 2008-2009, certo, ma soprattutto la celebrazione dell’amico Beniamino Andreatta, primo Rettore dell’Unical «uomo del nord con la passione per il sud», e la cui passione politica, appunto, è il principale rimpianto «per quanti lo hanno conosciuto traendone indimenticabili frutti», dice il presidente.
Con la moglie dell’economista ed ex ministro scomparso nel 2007, Giana ed Eleonora, con il governatore della Calabria Agazio Loiero, il Rettore Giovanni Latorre, i sindaci di Rende e Cosenza, Bernaudo e Perugini, e con i direttori del Quotidiano e della Gazzetta del Sud, Matteo Cosenza e Nino Calarco, il capo dello Stato si era intrattenuto per una ventina di minuti e in forma privata – prima dell’ingresso in Aula Magna, ora intitolata ad Andreatta – nella saletta adiacente, allestita ad hoc con mobilio d’antiquariato.
Un piccolo “Quirinale” provvisorio, dove Napolitano, fuori dal protocollo, ha ricordato, sorseggiando con calma un succo d’arancia, quegli epici scontri proprio tra Andreatta e Giacomo Mancini. Un “fantasista” della politica, Andreatta, come si potrebbe dire di un grande calciatore, e Napolitano non mancherà di sottolinearlo che è proprio dell’uomo che si sente la mancanza, oggi, in questo panorama, e della sua «finezza, generosità», la cui acutezza «fantasia», eccola, avrebbero potuto dare «oggi un grande contributo al Paese». Cinque minuti esatti dura il discorso del presidente all’Unical(«preparato però, come sempre, con precisione certosina», ci spiegano i suoi fedelissimi del Colle), mentre fuori i ragazzi dell’Onda fanno sentire la loro voce (non sono mancate piccole scaramucce con la polizia, e nemmeno striscioni che la dicono lunga sul senso della protesta: «Non c’è un c… da inaugurare”) e dentro cinque rappresentanti dei ricercatori precari, che indossano la maglietta con su scritto “precari invisibili della ricerca Unical”, esprimono tutta la loro amarezza per il divieto impostogli di non consegnare una lettera al presidente.
Quando la sala si svuota Napolitano e il suo corteo sono già in viaggio, dietrofront, verso Lamezia. Sull’A3, all’altezza di Altilia Grimaldi, gli uomini dell’Anas invitano a rallentare: sull’asfalto c’è ancora il corpo coperto da un lenzuolo di un finanziere cinquantaduenne di Montalto Uffugo.
Si era tolto la vita, sembra, pochi minuti dopo il primo passaggio, al mattino, della Lancia con a bordo il presidente della Repubblica in viaggio nella direzione opposta verso Cosenza.
Seconda tappa della giornata Lamezia, dunque, dove Napolitano ha pranzato e riposato per un po’ nella suite “130-31”, da ieri ribattezzata dallo staff del Grand Hotel «suite del Presidente». Un’emozione fortissima, raccontano, «vederlo così da vicino, e così amabile, disponibile».
Giorgio Napolitano non ha chiesto salette separate dai clienti dell’albergo, ancora increduli di mangiare a pochi tavoli più in là nientemeno che del presidente. Tra la stretta cerchia di commensali, il prefetto di Catanzaro Sandro Calvosa. Impossibile estorcergli il contenuto della conversazione durante il pasto.
«Si è parlato del più e del meno», dribbla, «ma devo dire che a giudicare dai piatti vuoti il presidente ha gradito». Un menù tutto calabrese: maccheroncino con broccoli e “raguttino” di filettuccio di maiale, a seguire pesce spada alla “bagnarota”, vino bianco e rosso della Piana. Il dessert è un classico: tartufo di Pizzo. «Il presidente lo ha molto apprezzato, così come un bel fico d’India già sbucciato e di un colore rosso fuoco», dice soddisfatto il direttore dell’hotel, che ricorderà questa giornata per tutta la vita.
Dopo pranzo, breve riposo nella suite, poi Napolitano vede il Rettore dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Francesco Saverio Costanzo, il sindaco del capoluogo, Rosario Olivo e l’ex sottosegretario diessino Pino Soriero, sponsor dell’incontro – sempre in hotel – tra il presidente e tre giovani laureati iracheni di Nassirya che in questi mesi lavorano al Campus di Germaneto.
Quindi la passeggiata informale a corso Numistrano, il salotto buono di Lamezia, tra applausi e strette di mano, successivamente l’intervento nella sala consiliare nuova di zecca per dire ai calabresi che è tempo di «reagire ad ogni ricatto e ad ogni minaccia».
Poi giù, alle 18 e qualche minuto, verso Reggio, in Prefettura, per la cena (ristretta, menù più leggero) e per una tappa al teatro (quella prevista al Museo della Magna Grecia è saltata a causa dello sforamento sulla tabella di marcia), dove l’orchestra e il coro del “Cilea” hanno tenuto un concerto preparato, con Inno di Mameli d’apertura, apposta per il presidente.
Oggi il capo dello Stato parlerà al convegno internazionale sullo sviluppo del Mezzogiorno all’Università Mediterranea, poi, nel pomeriggio, “battezzerà” il nuovo Centro dell’associazione “Piccola opera Papa Giovanni” per la cura dei bambini disabili. Bambini più sfortunati, nati in una terra già sfortunata di suo. Che sta nel cuore del presidente.

Valerio Giacoia

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