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«Dopo la tragedia provocata da una frana di terreno sulla A/3 Salerno-Reggio Calabria si tornerà a parlare di dissesto idrogeologico e la causa sarà attribuita alle piogge intense, al maltempo, a questo inverno particolarmente rigido, scomodando magari gli assetti climatici mondiali e l’effetto serra. Purtroppo non è così. Le cause, invero, vanno individuate in un uso del territorio dissennato e soprattutto nella sottovalutazione della stabilità dei suoli e dei versanti laddove si interviene con la realizzazione di infrastrutture che incidono profondamente sul paesaggio e sull’assetto territoriale».
Lo afferma in una nota stampa Carlo Frutti (nella foto), presidente dell’Associazione nazionale difesa del suolo. «Dalle prime immagini televisive della A/3 colpita dalla frana, come da quelle di recenti frane in area alpina che hanno bloccato importanti località turistiche – aggiunge Frutti – si è potuto notare come alcune opere di difesa sono risultate, alla luce dei fatti, assolutamente inadeguate, realizzate con tecnologie ormai superate ed a forte impatto ambientale. I tradizionali muri di sostegno in cemento armato, le funi e le reti passive, le barriere paramassi rigide oggi possono essere sostituite, grazie all’innovazione tecnologica, con sistemi attivi e reti paramassi elastiche, debris flow (barriere per colate di detriti e fango), drenaggi profondi, microdrenaggi e la regimentazione superficiali delle acque, il tutto abbinato a tecniche di ingegneria naturalistica e con ridotto impatto ambientale».

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