X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

di RAFFAELLA RINALDIS
“In un momento di disperazione, qualsiasi cosa può sembrare una soluzione”. Così commenta la decisione delle mogli dei Marcianò, Alessandro e Giuseppe condannati all’ergastolo per l’uccisione del vicepresidente della giunta regionale della
Calabria, Francesco Fortugno, il loro avvocato, Antonio Managò. “Lunedì sera le signore sono venute al mio studio prospettandomi la loro protesta dopo la condanna ingiusta” ha detto. Quello della moglie, soprattutto di Alessandro di Marcianò, allo stesso tempo coniuge e madre degli imputati, spinge la poverina
a uno sfogo, la loro intenzione è quella di dare un segnale,di dimostrare anche
all’opinione pubblica che ci sono due angolazioni dalle quali guardare le cose. “Si tratta – continua l’avvocato del foro di Reggio Calabria – della spinta dovuta allo sconforto, le signore hanno intenzione di arrivare fino a Roma con la loro protesta, civile e pacifica”.
“Come legale sono contrario a queste manifestazioni che, nella sostanza, non
portano a nulla, lo strumento è quello del percorso rituale della legge, ma ad una donna che perde il marito e il figlio a seguito di una dura condanna non posso impedire di manifestare la sua delusione, ho comunque preannunciato loro
che non otterranno risultati”. Il legale, infatti, prospetta invece i tempi della giustizia, l’arco temporale che porterà fino alla data di deposito dell’appello, ma anche qui si parla di tempi lunghi. “Passerà circa un anno, probabilmente,
prima di poter presentare ricorso – spiega Managò – oltre ai novanta giorni prospettati dalla Corte prima del deposito della motivazione, la Corte ha la possibilità di prorogarne di altri novanta giorni la consegna nelle cancellerie.
Questo periodo insieme ai tempi tecnici concessi poi alla difesa, potrebbe portare a circa un anno”. Davanti a tale prospettiva quindi nascono le
rimostranze contro la decisione di lunedì; passando da un’ottica umana della vicenda a quella del suo ruolo di difensore, il legale dei Marcianò commenta anche l’ordine di lettura del dispositivo, che definisce “infelice”, ha creato la
falsa illusione dell’assoluzione rendendo più dura la realtà, generalmente si legge prima la condanna e poi l’eventuale assoluzione, considerando che ci si riferisce a numeri e capi non facili da comprendere dai non addetti ai lavori”.
Continua con le considerazioni sull’assoluzione per l’associazione mafiosa, “è
stato riconosciuto ampiamente dalla stessa sentenza che i Marcianò non hanno fatto
parte di nessuna cosca, da nessuna parte è stata prospettata la loro affiliazione alle cosche, allora quindi, come si sarebbe mai sognato un uomo qualsiasi, non appartenendo alle cosche locali, di organizzare un omicidio?

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE