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di FRANCO CRISPINI
Per richiamarsi alle brutte condizioni attuali del Sud, e di alcune sue regioni in particolare, in cui ai mali antichi se ne sono aggiunti di nuovi e anche diversi, capita spesso che si continui a usare, a modo di semplificazione, l’espressione “questione meridionale” che invece porta con sé tante sedimentazioni di significati lasciativi dal vecchio meridionalismo. Sono tornato più volte su queste stesse pagine e in un momento in cui sembrava che del Sud si volesse tornare a discutere per lamentarne la preoccupante assenza di voci per farsi sentire, e ho quindi già avuto modo di accennare a un dibattito che si è andato via via spegnendo, per stabilire se la questione meridionale la si può tenere ancora “dentro” le griglie della tradizionale sociologia meridionalistica, oppure se ne è “fuori” dovendosi rifiutare ogni approccio storicizzante e andare invece a “decostruire il Sud, smontarne l’immagine”, considerarlo un “qualunque pezzo di mondo”. Certo, il “meridionalismo come categoria” non può contenere più legati in una unica “idea” tutti i nuovi effetti che nel corso di più di cinquant’anni hanno prodotto le diseguali trasformazioni delle quali ha non poco risentito il tessuto sociale e civile che pur tuttavia ha conservato diverse macchie di immutabilità. La “questione meridionale” ha conosciuto stagioni di vivace attualità sul piano culturale e sul piano politico, ma ora è piuttosto languente e aspetta che si apra per essa un nuovo momento, se ne rivedano tutti i lati e se ne selezionino i contenuti da mettere alla base di un progetto politico per l’oggi.
Al momento, quella questione fa capolino tra le preoccupazioni di alcuni politici che vedono l’urgenza di muovere a “difesa” di un Sud messo sempre più ai margini delle politiche governative e a un riconoscimento che i problemi di esso sono strettamente collegati a una idea di sviluppo di tutto il Paese; e si affaccia con eguale imperiosità a un pensiero pur sempre di tendenza neomeridionalista, per il quale si tratta di ridisegnare una mappa di doveri, diritti, ruolo dello Stato e delle amministrazioni locali, di impiego e ripartizione di risorse, di richieste di efficienza, di interventi dovuti, di responsabilità delle classi dirigenti locali. Ma chi, come e quando potrà avviare una nuova politica per il Sud che adotti quella mappa e assuma orientamenti non tanto distanti poi dal tradizionale meridionalismo?
Si vanno facendo strada quelle che non sono più semplici ipotesi, nello spirito del Titolo V della Costituzione: decentramenti di funzioni e nuovi meccanismi fiscali. Da che parte vengono a collocarsi gli interessi del Sud nel momento in cui si vuole che esista una “questione settentrionale” e ciò perché le ragioni di un sistema produttivo avanzato come quello del Nord non possono essere posposte a nessuna altra causa?
Mostrare che quella causa porta ad accettare un “falso storico”, rifiutare le rivendicazioni “nordiste” in materia di risorse fiscali e quindi non accettare di far consistere solo in questo il “federalismo fiscale” che invece potrebbe avere un qualche effetto positivo sui comportamenti (chiamati a responsabilizzarsi) delle classi dirigenti e governanti del Sud: tutto ciò è necessario ma non deve portare a chiedere nuovamente una “politica speciale” per il Mezzogiorno e talune sue regioni (Campania, Calabria) la quale finirebbe per essere “isolante” rispetto agli indirizzi di politica nazionale con tante altre conseguenze di una chiusura e cioè “pessima amministrazione, rovinoso clientelismo, dispersione e malversazione delle risorse” (G. Galasso, “Il possibile nell’immediato”, “Corriere del Mezzogiorno”), tutti mali verso i quali il Sud, lasciato a sé con le concessioni e gli oboli, è stato sempre cedevole.
Una riproposizione della questione meridionale dovrebbe oggi portare verso alcuni principali obiettivi: collocazione delle urgenze (sanità, criminalità organizzata, questioni morali e altro) all’interno di indirizzi governativi nazionali modificati, assunzione del problema meridionale ad asse portante di un progetto politico che qualifichi l’azione di tutta intera l’opposizione di sinistra, anche nella sua parte più moderata. Dall’altro lato, non occorre molto per capire che una politica e un impegno di governo per mettere al centro, nelle sue più attuali ed essenziali ragioni, una questione meridionale tutt’altro che “polverosa” si possono cercare solo col lanternino e bisogna fare un grande sforzo per isolarli dalle contingenze elettorali dove troviamo più un “Sud gridato” che un “Sud capito”.

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