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di GIUSEPPE BALDESSARRO
Voci di spesa indicate su un fogliettino dattiloscritto, nessuna pezza giustificativa. Centinaia di migliaia di euro, che dalla Regione finivano direttamente sul conto corrente di famiglia. Faceva razzia di soldi Mimmo Crea, senza preoccuparsi di doverne rendere conto, e senza nessun controllo.
Una nuova mannaia si è abbattuta sull’ex consigliere regionale accusato di mafia nell’ambito di “Onorata Sanità”. Ora deve rispondere anche di peculato aggravato. E’ accusato di aver sottratto somme destinate all’attività politica del gruppo consiliare di cui è stato presidente dal dal 2001 al 2005. Crea, secondo la Procura della Repubblica, acchiappava tutto. Senza preoccuparsi di dover rispondere ad alcuno, in una logica di assoluta certezza d’impunità.
I periti bancari dei Pm, Marco Colamonaci e Mario Andrigo hanno scoperto che il Consiglio regionale versava sul conto corrente intestato del Ccd, e che Crea, presidente del monogruppo, li prelevava per versarli senza soluzione di continuità sul conto di cui era cointestatario assieme alla moglie. Così in poco meno di cinque anni sono spariti nel nulla 543 mila euro. Un miliardo di vecchie lire (senza contare lo stipendio da consigliere regionale). Di questi, 275
mila euro sono stati versati su un conto di famiglia, mentre del resto, ritirati in contanti non vi è traccia. Svaniti nel nulla. Soldi, tanti soldi. Che il consiglio regionale eroga a tutti i gruppi consiliare per svolgere attività politica e per le spese di gestione dei gruppi, ma che Mimmo Crea non ha mai rendicontato. Secondo il Gip Kate Tassone, che ha convalidato il sequestro del conto corrente del politico, «risulta come Crea Domenico, a frontedei contributi versati dalla Regione, abbia genericamente indicato voci di spesa non supportate dalla benchè minima pezza giustificativa». L’accusa di “peculato aggravato” è stata notificato all’ex consigliere regionale reggino, in quanto nella sua qualità di componente di Palazzo Campanella ha «agito in qualità di pubblico ufficiale ». In tale qualità, tra l’altro, «esclusivamente in ragione del suo ufficio di presidente del Gruppo consiliare Ccd, aveva la disponibilità delle somme confluite sui conti dello stesso gruppo». Da qui per dire che «non vi è
nessuna logica e lecita spiegazione perchè esistano dei bonifici effettuati dal conto consiliare al conto personale dei coniugi Crea». Ne’ esiste «alcuna plausibile ragione lecita per cui Crea Domenico abbia potuto fare dei prelievi
in contanti». Il documento del Gip, costruito sulla base delle richieste dei Pm Colamonaci e Andrigo non fa accenno ad alcun tipo di controllo da parte dell’ente erogatore. Cosa che la dice lunga su come sia stato possibile una distrazione di somme tanto ingenti da parte di un consigliere regionale.
Non una contestazione, non una richiesta di spiegazioni, tutto sarebbe avvenuto nell’assoluta mancanza di fatture, di pagamenti attraverso assegni o carte di credito, che avrebbero garantito la trasparenza propria della tracciabilità di ogni operazione. Nessuno ha mai chiesto nulla a Crea. Nessuno ha ritenuto di dover sapere che fine facevano quei contributi pubblici. Soldi dei calabresi inghiottiti dagli interessi privati.

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