X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Il tasso di occupazione in Calabria ammonta al 47,3%; un dato in crescita dell’1,7% rispetto all’anno scorso; la disoccupazione è invece all’11,2%, mentre in Italia si attesta al 6,1%.
I dati arrivano dal 5° Rapporto sull’Economia Sommersa e il Lavoro non regolare in Calabria, presentato dalla Commissione regionale per l’emersione del lavoro non regolare e dalla Fondazione Field, nella sala di rappresentanza del Comune di Cosenza.
Secondo i dati sarebbero i giovani fino ai 24 anni, i soggetti penalizzati e per questa fascia la disoccupazione arriva al 31,6%.
Chi ha un titolo di studio più alto, è anche mediamente più a rischio disoccupazione. In particolare le donne soffrono molto questa condizione; l’8,4% contro il 4,8% degli uomini.
Le province con il più alto tasso di disoccupati sono quelle di Vibo Valentia e Catanzaro, con il 14,8% e il 12,6% della forza lavoro. Il rapporto indica che il Pil procapite calabrese è di 16.244,10 euro, con un dato nazionale che invece è di 25.031,60. Lombardia o Emilia Romagna hanno un Pil procapite doppio rispetto alla Calabria.
A muovere maggiormente le attività produttive in Calabria è il settore terziario che conta il 77,7% degli addetti.
Anche l’agricoltura, nonostante un 5,6%, è sopra la media nazionale e la provincia di Cosenza è quella dove il terziario è più diffuso.
Prevalgono a livello regionale le micro-imprese, che pesano per il 69%, contro una media nazionale del 46%.
Scarsissima se non nulla, la presenza di capitali stranieri: solo lo 0,18% di quanto investito in tutta Italia.
La Calabria però è la terza regione italiana per quanto riguarda il lavoro sommerso, dopo Campania la Sicilia.
Nella regione ancora, tra il 2005 e il 2007 sono morte 113 persone che lavoravano in maniera irregolare.
Benedetto Di Iacovo (nella foto), della Commissione Regionale per l’Emersione del Lavoro non Regolare, ha invitato a fare attenzione non considerando il lavoro nero un ammortizzatore sociale: «Non dobbiamo cadere in questo errore, sarebbe un assurdo. Tollerare il lavoro nero vuol dire avere più morti sul lavoro e anche premiare le aziende peggiori».
Il presidente della Fondazione Field, Mario Muzzì, ha sottolineato invece «lo stretto rapporto esistente tra lavoro nero e criminalità: la criminalità aumenta dove il sommerso è più forte».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE