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L’istituto Papa Giovanni non doveva più essere un problema. Poteva diventare
una risorsa per il futuro di tutta la regione, non solo di Serra d’Aiello.
Lo sostiene Doris Lo Moro che, negli anni in cui è stata assessore regionale per
la tutela della salute, ha fatto di tutto per risollevarne le sorti e per cambiare
radicalmente il modo di fare e di pensare la psichiatria in Calabria. Il progetto Lo Moro, peraltro già approvato dalla giunta, prevedeva di riconvertire la struttura da centro per la salute mentale a polo di riabilitazione intensiva e
specialistica per il Mezzogiorno. Si pensava di rilanciare nuove attività, legate a servizi recettivi, anche per ospitare i parenti dei ricoverati. Oltre alla struttura centrale, sarebbero state valorizzate anche le strutture esterne
residenziali e rurali, l’azienda agricola che si estende su circa 100 ha di
terreni, situati in vari comuni del comprensorio, tra Aiello, Amantea, Cleto e Serra. La giunta regionale aveva deliberato lo stanziamento di 25 milioni di euro, a valere sui fondi ex articolo 20, per l’acquisizione e la ristrutturazione
degli immobili di proprietà dell’Ipg. Tutto questo è andato
perduto. Perché?
I ricordi di Doris Lo Moro si perdono nel tempo. Tanta l’amarezza che esprime per gli ultimi eventi, per un fallimento che si poteva evitare e che ha riportato la Calabria sulle televisioni nazionali, nel peggiore dei modi. Lo Moro è un fiume in
piena. Ripercorre una ad una le tappe che l’hanno vista protagonista. Il primo ricordo è monsignor Agostino che porta la via crucis dentro le mura dell’Istituto,
nell’inferno, nel luogo degli ultimi. Le proteste dei lavoratori, eclatanti,
spingono l’assessore a recarsi all’improvviso all’Ipg, l’8 agosto del 2005.
«Non sapevo ancora niente di quell’Istituto, e quello che ho visto non potrò più
dimenticarlo. Ho trovato un’umanità sofferente, in un luogo dove mancava tutto. Fu terribile scoprire che in Calabria esisteva un manicomio, anche se non
si chiamava così, in cui il diritto alla salute non veniva riconosciuto ma negato.
Ho visto persone che urlavano, donne che si tiravano i capelli. Sembrava
un film dell’orrore, girato prima della legge Basaglia».
«Ci ponemmo degli obiettivi intermedi. Prevedevamo di lasciare nella struttura 200 pazienti. Ma il mio obiettivo a quel punto era portare avanti una riforma della salute mentale in Calabria, a partire dal Papa Giovanni. Invitiamo un’altra psichiatra, Assunta Signorelli, a lavorare con noi, presso l’Azienda sanitaria di
Paola, insieme al direttore generale Ivan Cavallo, e con il compito di potenziare
i servizi sul territorio, e mettere in pratica funzioni di controllo e vigilanza. Signorelli arriva in Calabria il 24 luglio 2006, quando ormai, dopo un anno di lavoro dell’assessorato, avevamo tutti gli elementi per diventare operativi».
Allo sgombero non si è mai pensato, dice Lo Moro. «Nessuno ce lo avrebbe permesso. E poi, per dove? Sgomberare senza un percorso accompagnato sarebbe stato molto pericoloso, perché poteva determinare dei peggioramenti nella salute dei pazienti e questo era un rischio intollerabile».

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