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di Maria Anna Flumero
DALL’ AMERICA a Matera. Dallo star system alla città dei Sassi. «E’ la prima volta in assoluto che sono qui, nella vostra città stupenda» – ecco cosa ci ha raccontato “il re dei paparazzi”, l’italo americano Ron Galella prima dell’ incontro con i laureandi dell’ Università della Basilicata -polo di Matera di Via San Biagio.
Maestro, cos’ è per lei la fotografia?
«E’ l’insieme delle immagini con le parole. Le parole accompagnano sempre le mie immagini. Però devo specificare che una immagine vale più di mille parole».
Quali consigli si sente di dare alle giovani leve?
Dopo alcuni minuti di titubanza: «fotografare rapidamente, catturare le espressioni in modo naturale e non in modo impostato. Un esempio di ciò è la Monnalisa, dove emerge il sorriso prima della posa».
Il suo modello di riferimento? Cartier Bresson.
Quale attore, artista da lei immortalato si è più arrabbiato?
Dopo un sorriso sornione: «Marlon Brando è stato il più manesco, mi ha dato un pugno e mi ha letteralmente spaccato cinque denti, ma il più cattivo è stato Richard Burton, ma questo fino a quando è stato sposato con Liz Taylor. Chi si prestava era Andy Warhol».
Tra i vari ricordi è emerso anche “il travestimento” perché non tutti i divi del cinema gradivano il flash della sua macchina fotografica.
Galella ha raccontato la sua storia con una naturalezza unica, coinvolgendo tra le slide proiettate anche la giovane platea che gremiva l’aula “Sassu”. Fotografie scrigno e patrimonio di volti che hanno segnato il firmamento cinematografico e artistico. Da Jackie Kennedy (una delle sue preferite) a Sophia Loren a Robert De Niro E Frank Sinatra. Ron Galella, «un pezzo di storia di una fotografia che non c’è più» – lo ha definito il critico d’ arte milanese Gianni Romano durante il dibattito moderato dalla giornalista Nicoletta Altomonte a cui ha anche partecipato il consigliere Antonio Di Sanza.
Galella è da oggi a Matera, dove il Consiglio regionale della Basilicata ha organizzato in suo onore una mostra e una serie di manifestazioni, come quello previsto per questa sera, alle ore 18, a palazzo Lanfranchi, dove sarà inaugurata la mostra “Italian Icons”, che resterà aperta fino al 7 giugno.
«Era un paparazzo, ma non certo con l’accezione che oggi si da a questo termine – ha concluso Romano – era cioè un giornalista d’assalto, uno di quei paparazzi degli anni sessanta che non si sentivano artisti, ma uomini d’azione».
«Ma le sue bellissime immagini hanno anche un valore antropologico – ha detto il docente e presidente del corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Ferdinando Mirizzi – la sua fotografia offre la possibilità di smitizzare le persone, facendole poi diventare, però, ancora di più dei miti».
Galella è figlio di un emigrante di Muro Lucano, innamorato della fotografia. Ha venduto la prima foto da freelance nel 1955 a 25 dollari. Da allora non ha più lasciato la sua Nikon, diventando uno dei più famosi “paparazzi” degli anni ’60 e ’70, specializzato nell’arte di rappresentare attraverso uno scatto “rubato” storie di vita di grandi personaggi.

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