X
<
>

Condividi:
1 minuto per la lettura

Marisa, la moglie di Pino Masciari (nella foto), l’imprenditore calabrese divenuto testimone di giustizia per aver denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni, ha lanciato un disperato appello: «Bloccate mio marito prima che si lasci morire. Temo che possa morire di digiuno. «Infatti stamattina è partito per Roma per intraprendere lo sciopero della fame e della sete già annunciato e sospeso per il terremoto dell’Aquila. Ha programmato tutto – aggiunge – ha abbracciato i figli, ha sistemato alcune faccende e domattina alle 10 sarà dinanzi al Quirinale, sede della di garanzia dei diritti costituzionali, come lui la definisce, per dare inizio al disperato gesto. Un gesto che sicuramente porterà all’estreme conseguenze, così come ha condotto la lotta contro la ‘ndrangheta che lo voleva morto. Sono certa – aggiunge Marisa – che lo ha seguito ovunque, che il capo dello Stato, i presidenti di Senato e Camera e del Consiglio dei ministri, non lo lascino morire. La sua vicenda non è più un fatto burocratico e giuridico, un fatto privato. È una questione di giustizia denegata, una questione etica e morale che va risolta nell’ambito della legge di cui Pino ne chiede l’applicazione». Lo stesso imprenditore che ha denunciato i clan sottolinea che «lo Stato per dodici anni ci ha tenuti in esilio, privandoli della sicurezza e della dignità. Adesso sono esausto ed oggi rimetto la mia vita nelle mani dello stesso Stato, che deve decidere se renderla tale o toglierla definitivamente. Nel caso me la neghi, intendo restituire almeno la libertà alla mia famiglia dal giogo mafioso. Il resto lo dirò domattina alle ore 11 in una conferenza stampa».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE