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Egregio Direttore,
sono un’assidua lettrice del suo giornale e mi compiaccio della sensibilità che lei dimostra nel dare spazio alle problematiche sociali presenti nel nostro territorio. In virtù di tanto, la pregherei di pubblicare questo mio scritto per segnalare un ennesimo episodio di mal costume imperante nella pubblica amministrazione.
Chi le scrive è una cittadina indignata e sconcertata per il modo inurbano, inumano e indecente con cui vengono trattati gli ammalati allorché varcano la soglia di alcune strutture sanitarie pubbliche per non parlare dell’insolenza, del cattivo gusto e della pessima educazione di alcuni addetti ai lavori: ormai gli animi sono esacerbati, non se ne può proprio più di vedersi trattati peggio delle bestie senza che nessuno prenda mai un provvedimento, anzi, assistiamo ogni giorno di più ad un degrado umiliante.
Basti pensare al fatto, ormai noto a tutti, che non è più possibile effettuare prelievi presso l’Ospedale Civile dell’Annunziata perché le autorità competenti hanno dichiarato inagibili i locali destinati a tale esercizio e già questa è una amara realtà che mortifica i cosentini che pure pagano i contributi per la sanità al pari di altri cittadini del territorio nazionale anzi forse di più visto che ora sono anche aumentati.
Ma la scena a cui ho assistito ieri, 25 giugno 2009, presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza sita in Viale Mancini, è davvero raccapricciante.
Non parliamo dell’attesa snervante (ben tre ore di fila per un prelievo) e della confusione, della disorganizzazione e del caos nel chiamare i pazienti per il prelievo senza alcun rispetto dell’ordine di arrivo (e non mi si venga a dire che sono state favorite le categorie che hanno precedenza perché non è possibile che su 80 pazienti ben 79 appartenessero a categorie con diritto di precedenza) ma il clou della mattinata si è verificato quando un tizio col camice bianco (mi rifiuto di pensare che si sia trattato di un medico data la rozzezza dei modi) ha apostrofato una signora chiedendole, così, davanti a tutti, la quantità dell’urina contenuta nella tanica (quelle per la raccolta delle urine nelle 24h) che la signora teneva ben custodita nella scatola e mimetizzata in un sacchetto di plastica.
La signora, molto mortificata, ha risposto di non saperlo e il camice bianco:
“Basta leggerlo”, ha soggiunto con tono arrogante e sprezzante. Poi, udite questa,!!!!! ha preso il sacchetto, ha tolto la scatola, l’ha aperta, ha estratto la tanica, l’ha poggiata a terra, sempre davanti a tutti, ha segnato sulla cartellina il dato che gli serviva e se n’è andato lasciando lì, sul pavimento la tanica che la signora, sempre più imbarazzata, ha fatto sparire nel sacchetto.
Ma presso le Aziende Ospedaliere di Cosenza è mai arrivata notizia della legge sulla privacy?
Aveva ragione Italo Calvino: Cristo si è fermato ad Eboli!!!!!!!
Qualcuno, o meglio, più di qualcuno, dovrebbe vergognarsi se siamo arrivati a tanto!
La ringrazio e le porgo distinti saluti.

Silvana Pisani
Castrolibero

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