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di ROSA VILLECCO CALIPARi*
Al prossimo vertice internazionale del G8 si parlerà di donne, risoluzione di conflitti e questione di genere. Argomenti apparentemente diversi ma resi forti da un voto bipartisan che nell’Aula di Montecitorio ha permesso di approvare quattro diverse mozioni che impegnano il governo ad attivarsi per favorire l’affermazione dei diritti delle donne e la parità di genere in vista del prossimo
vertice internazionale. Agire ora è necessario. È una urgenza che ha i nomi e i volti – sconosciuti per lo più – delle tante donne che in ogni parte del mondo
lottano per la tutela dei diritti. Oggi uno di questi volti che riconosciamo
purtroppo facilmente è quello di Neda Soltan, la giovane iraniana uccisa durante
una manifestazione a Teheran mentre insieme a centinaia di migliaia di coetanei e non, manifestava contro Ahmadinejad. Neda è già un simbolo della resistenza iraniana e del coraggio delle donne che, ad ogni latitudine, si schierano in difesa della libertà e dei diritti umani. Ricordarla non significa dimenticare le migliaia di vittime senza nome, ma anzi ne concentra in uno solo, nel suo, l’esperienza del conflitto vissuta dalle donne. Sono loro la parte consistente del crescente numero di vittime civili – ormai più del 90% – delle guerre odierne. Sono da sempre obiettivo privilegiato di abusi e violenze sessuali, divenute oggi vere e proprie strategie di guerra (così in Bosnia, in Iraq, in Afghanistan) che le colpiscono in quanto custodi del futuro di gruppi ed etnie con conseguenze devastanti in termini di salute mentale e fisica e con un forte impatto a livello economico e sociale. Da queste sofferenze molte donne, spesso rimaste sole, sono costrette a fuggire con i loro figli, costituendo l’80% circa dei rifugiati e degli sfollati nel mondo. Ma il ruolo delle donne nei conflitti non è solo passivo perché sono loro le portatrici di aiuti, le promotrici di processi di pace e di riconciliazione.
Sono loro capaci di agire “strategicamente” sui diversi elementi della struttura del conflitto (comportamenti, cause profonde e attitudini delle parti coinvolte) favorendone la trasformazione costruttiva. Esperienze diverse che hanno come
denominatore comune la condivisione dei bisogni e la socializzazione della
sofferenza. E’ un nodo fondamentale quello della condizione femminile, capace di
dare una vera svolta nelle relazioni sociali all’interno di ogni Paese, anche di quelli più chiusi e tradizionali pur con tempi diversi. Le donne possonofare
molto percambiarelamentalità e dare un forte slancio ad equilibri tradizionali.
In nome di quelle donne che stanno combattendo la loro battaglia per una vita migliore e dignitosa, una vita normale, io credo che sia giusto mantenere i nostri impegni per la ricostruzione sociale, economica e politica dei territori colpiti da conflitti. Un punto centrale è sostenere, anche finanziariamente, le organizzazioni della società civile, penso in primis alle circa 70 Ong e associazioni afgane già impegnate in quell’area e a tutte le altre, italiane e straniere, che operano nei vari teatri di guerra. Accanto all’impegno militare e al sostegno umanitario è fondamentale che si attivino sempre più forme di aiuto e di cooperazione che coinvolgano le donne nella realizzazione di programmi e progetti volti allo sviluppo di una sensibilità civile diffusa nei confronti delle condizioni di vita e all’adozione di politiche di genere.
La partecipazione delle donne alla vita politica locale, nazionale e internazionale nei Paesi in via di sviluppo è strumento irrinunciabile per il raggiungimento dei cosiddetti “obiettivi del millennio” e soprattutto per uno sviluppo equo, sostenibile e democratico.

*capogruppo Pd Commissione Difesa

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