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di ROSSELLA MONTEMURRO
«E’ UN protocollo di grande valenza sociale perché analizza e monitora il fenomeno della violenza sulle donne con azioni di contrasto e prevenzione». Il prefetto di Matera Giovanni Francesco Monteleone ha definito così il “Protocollo di intesa per la promozione di strategie condivise, finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza alle donne” sottoscritto ieri in prefettura a Matera.
Dalla prefettura, quindi, una vera e propria cabina di regia che coinvolge il Comune e la Provincia di Matera, l’Azienda sanitaria locale, l’Ufficio del consigliere per le pari opportunità, la Questura, il comando provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, gli Ordini degli avvocati e dei medici, l’Ufficio scolastico provinciale, il Centro di servizio al Volontariato della Basilicata, le Associazioni telefono Donna e Cestrim di Potenza, Diva e Dottor Palè di Matera, e il Comitato “Professionisti per la tutela dei diritti della famiglia e del minore”.
La violenza sulle donne è diventata un’emergenza sociale, per questo va trattata all’interno di una logica di rete tra le agenzie interessate, pubbliche e private.
La provincia di Matera non è immune dal fenomeno, tanto che il Ministero per le Pari Opportunità ha finanziato il progetto Tunnel con l’obiettivo di comprendere ed approfondire.
Con l’accordo di ieri, le istituzioni si sono poste l’obiettivo «di effettuare l’analisi e il monitoraggio del fenomeno, di azioni finalizzate alla sua prevenzione e al suo contrasto attraverso percorsi informativi ed educativi, la formazione degli operatori, il monitoraggio del fenomeno per favorire le denunce, l’assistenza e il sostegno alle vittime di violenza, la promozione di strategie dirette ala prevenzione».
Secondo il questore Carmelo Gugliotta anche nel Materano il fenomeno è presente e viene monitorato: «Non esistono casi particolarmente gravi, probabilmente sono coinvolti maggiormente i cittadini extracomuntari».
Il colonnello Salvatore Luongo, comandante provinciale della Guardia di finanza, ha ricordato l’importanza della sensibilizzazione, a partire dalle scuole.
Essenziale anche l’analisi del sommerso, nell’ambito familiare: «La nostra organizzazione territoriale, ben radicata sul territorio con la presenza delle Stazioni, riesce a far percepire alcune criticità. Il nostro Comando provinciale, inoltre, ha istituito una squadra antistalking per il contrasto e il monitoraggio del fenomeno», ha sottolineato il tenente colonnello Domenico Punzi, comandante provinciale dei carabinieri.
Nel momento in cui uno dei soggetti aderenti al Protocollo riceve la notizia di un episodio di violenza sessuale o di altro genere consumato ai danni di una donna, attiverà immediatamente la rete di assistenza e di sostegno per predisporre tutte le azioni di competenza dei diversi soggetti firmatari.
«Se la notizia perviene sotto forma di denuncia alle forze dell’ordine, – si legge nel protocollo d’intesa – l’ufficio ricevente provvederà a raccogliere la stessa assicurando che tale delicata fase si svolga nel più ampio rispetto della riservatezza e nella considerazione di particolare fragilità psicologica in cui versa la vittima. La denunciante sarà ascoltata in un ambiente consono ed isolato da parte di personale appositamente sensibilizzato e opportunamente formato. Il funzionario o l’ufficiale referente avvisato dall’operatore attiverà i necessari contatti con i referenti del servizio sanitario, dei servizi sociali del Comune e, se richiesto dalla vittima, di una delle associazioni firmatarie per le azioni di assistenza psicologica e legale nonché per attivare percorsi di eventuale accoglienza, se necessario, secondo i protocolli di integrazioni definiti nell’ambito delle reti distrettuali.
Se la donna che ha subito violenza accede ad uno dei servizi sanitari ospedalieri, pronto soccorso e territoriali, essa verrà ascoltata ed assistita, secondo i protocolli specifici del caso e saranno attivate: procedura di denuncia secondo quanto previsto dalla normativa e nel rispetto della volontà della donna; procedure di avvio dei percorsi di assistenza e sostegno presso le associazioni e i servizi di riferimento definiti dall’accordo; segnalazioni, per i casi previsti, ai servizi sociali di riferimento.
Se la notizia perviene a chi, tra le associazioni firmatarie di questo protocollo, si occupa direttamente del sostegno e dell’assistenza specifica alla vittima, sarà cura dell’associazione in questione valutare ed avviare un percorso adeguato e completo rispetto alle richieste della donna, coinvolgendo di conseguenza gli altri soggetti competenti e, in particolare, i referenti delle forze dell’ordine».

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