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Beni per dieci milioni di euro sotto sequestro e otto denunce. È il bilancio di un’operazione dei finanzieri della tenenza di Amantea (Cs) che avrebbero scoperto una truffa ai danni dello Stato perpetrata in frode delle leggi 488/92 e 46/82 sui programmi di innovazione tecnologica.
L’indagine riguarda un finanziamento ottenuto con lo scopo di impiantare nel territorio calabrese una fabbrica ad alto contenuto di innovazione tecnologica che potesse garantire l’assunzione di un elevato numero di lavoratori, ma che di fatto sarebbe servita soltanto ad arricchire i truffatori di turno.
Gli ideatori della truffa erano riusciti ad ottenere un finanziamento pari a 19.413.870 euro che avrebbe dovuto essere utilizzato per sviluppare una nuova tecnologia per la trafilatura a freddo dell’alluminio e realizzare gli impianti industriali capaci di utilizzare tale nuova tecnica.
In realtà però, gli ideatori della truffa, dopo aver speso una minima parte delle sovvenzioni ricevute solo per dare l’impressione di voler effettivamente realizzare il progetto descritto, avrebberoo distratto i fondi ricevuti a proprio esclusivo vantaggio.
L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della procura della repubblica di Paola, Eugenio Facciolla, ha portato al deferimento all’autorità giudiziaria di otto persone che, a vario titolo, si sarebbero rese responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.
L’indagine è scaturita dall’attività d’iniziativa posta in essere dai militari delle fiamme gialle di amantea, i quali, insospettiti dal cambio di sede di una società della provincia bresciana che, senza motivo apparente, aveva fissato la propria sede legale nel territorio del comune di Amantea, hanno avviato le prime indagini conoscitive. Dopo l’avvio delle attività dei finanzieri, gli ideatori della truffa, al fine di rendere difficoltoso l’accertamento, hanno spostato nuovamente la sede della società nel reggino, nella zona industriale del comune di San Ferdinando nella speranza che questo cambio potesse creare problemi di competenza territoriale ai militari e quindi ritardare lo sviluppo delle indagini.
Tra i dati falsi comunicati c’erano anche quelli riguardanti l’impiego di manodopera per la realizzazione degli impianti. Numerosi operai, infatti, risultavano occupati nella società finanziata, ma di fatto erano impiegati in altre attività o non impiegati affatto; altri invece risultavano assunti (e pagati) come esperti altamente specializzati nel settore dell’innovazione tecnologica per il trattamento dei metalli quando nella realtà erano lavoratori sprovvisti di qualsiasi qualifica professionale. L’assunzione della forza lavoro era dimostrata attraverso l’emissione di buste paga false, mediante la simulazione dell’esecuzione dei lavori preliminari e attraverso l’allestimento di un laboratorio il cui costo reale è stato stimato per un valore ben 4 volte inferiore rispetto a quello fatturato.
Questi stratagemmi non hanno impedito ai finanzieri di riscontrare la truffa, appurare la falsità delle fatture attestanti l’esecuzione dei lavori per l’impianto della nuova azienda, bloccare alla direzione generale per l’incentivazione alle imprese del ministero dello sviluppo economico la parte di finanziamento non ancora erogata (8.760.110 euro), sequestrare nelle banche la parte di finanziamento percepita precedentemente ma non ancora prelevata ed, infine, sottoporre a sequestro i beni della società per un valore complessivo pari quasi a 10 milioni di euro.

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