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di FRANCO CRISPINI
Le vie di uscita da una crisi cronica appaiono notevolmente ridotte. Per tutti gli osservatori, credo, anche i meno mal disposti, il quadro dei problemi calabresi è fittissimo di endemiche patologicità che superano i livelli di guardia senza che però la gente se ne mostri apertamente allarmata. Da quale lato poter cogliere segnali di un rifiuto deciso di gran parte almeno di tutto quello che ha afflitto, affligge, e ha messo a terra questa nostra regione, questo drammatico Sud nel Sud? Volentieri si vorrebbe lasciare da parte la solita, pessimistica giaculatoria: una classe di politici perennemente schiava di riti verbali, di mercanteggiamenti per ottenere consensi, di collusioni rischiose, una economia gracile e fragile, una minaccia permanente di rovine ambientali, una capillarità, pervasività. aggressività del potere camorristico e mafioso, l’assenza di una opinione pubblica reattiva ed esigente, la mancanza di una attiva funzione di stimolo della maggior parte della stampa locale (con qualche eccezione, a mio avviso) la quale purtroppo fa spesso eco ai teatrini della politica, iniziative innovatrici che invecchiano in sul nascere arpionate dalle cricche sempre in agguato, cultura e intellettuali che cercano vie spesso collaterali per incanalarsi nella politica e lucrarne privilegi. Occorre aggiungere altro a questo elenco di affanni e inganni che rendono così torbido tutto l’orizzonte di vita di questa malconcia e derelitta regione? Viene il dubbio però che vi sia qualcosa di eccessivo in questa impietosa rappresentazione di una regione che, pur messa alle corde da un insieme inestricabile di fattori che ne strozzano ogni possibilità di sviluppo, ha ancora una voglia sotterranea di non cedere a quello che ha tutto l’aspetto di una ineluttabilità. Tante le immagini di un disfacimento della Calabria che si vanno fissando quasi a semplificare tutte le più agguerrite analisi: una Calabria tra le fiamme dei suoi boschi, una Calabria che frana, una Calabria contaminata e ammorbata, una Calabria dove camici bianchi e lupara fanno continuamente vittime; e ora il “quadro inquietante di una Calabria pattumiera” quale è quello che così icasticamente ci mostra il direttore del nostro giornale, Matteo Cosenza, a commento del rinvenimento della nave contenente rifiuti tossici, al largo del mare di Cetraro. Non è certamente confortante che dobbiamo parlare così di noi, di quello che avviene intorno a noi, in termini tanto duri e disincantati, ma è meglio non mettere pannicelli caldi sulle tante ferite, non mettersi bende sugli occhi, è meglio non lasciar parlare chi cerca impietosamente prove per affermare che sono le tragiche situazioni come le nostre, esemplificatrici della condizione di tutto il Sud, a pesare negativamente sullo sviluppo del Paese. A parte queste valutazioni ricorrenti nei bilanci che da tutte le parti si vanno facendo in questi ultimi tempi in cui si è riaccesa la disputa sulle politiche che continuano a danneggiare le regioni del Mezzogiorno e avvantaggiare l’altra parte del Paese, quella più sana e produttiva, a stare in Calabria e conoscerne da vicino le strozzature, i molti punti di soffocamento, vi è da dire solamente che risulta assai difficile stabilire una linea netta tra sciagure endogene e disgrazie esogene. Perché non c’è dubbio che ai mali prodotti da una politica nazionale la quale, non soltanto con questo governo, è tutt’altro che sensibile, in generale, a una “questione meridionale” seriamente intesa e, in particolare, all’insieme di difficoltà come quelle calabresi, vanno aggiunti tutti gli altri che la Calabria maledettamente sprigiona da sé; e tra di essi, prioritario forse, perché tutto passa attraverso le sue maglie, è lo stato confuso e distorto della politica: a dir poco, una forza di maggioranza, il Pdl, che vede solo con gli occhi del suo leader e dei suoi colonnelli in una logica fondamentalmente nordista-leghista, in un atteggiamento servile e succube, una opposizione, il Pd, che non arriva fino in fondo a sentire la responsabilità del governo di una regione difficile, non bada a selezionare i suoi rappresentanti, a dotarli di strumenti e idee quali si richiederebbero. Non mancherebbero le occasioni per rinnovare il governo delle comunità e dei territori, ma le elezioni comunali, provinciali, regionali diventano tutte le volte scommesse perdute: la giostra dei “soliti”, le rosee promesse che sfioriscono il giorno dopo, gli accaparramenti di assessorati. Insomma, non si riesce a contare il numero di virus che aggrediscono lo stato di salute della regione dove gli anticorpi sono divenuti davvero scarsi. Anche a volersi imporre l’ottimismo, dinanzi a una regione che si avvita sulle sue vistose piaghe, non si può che restare attoniti, demoralizzati per quanto non rassegnati.

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