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di GUIDO LEONE
Siamo in presenza di uno scenario di riforma complessiva dal profilo oggi sicuramente più definito anche se non ancora del tutto compiuto e che costringe tutti i soggetti protagonisti ed i vertici del processo di riforma ad un rapido adeguamento dei comportamenti e un veloce aggiornamento degli strumenti stessi di analisi e di interpretazione della realtà che non possono più essere quelli di prima. Abbiamo tutti bisogno di operare su noi stessi una profonda conversione culturale per adeguare i nostri comportamenti allo spirito della riforma. Già da ora e sicuramente ancora di più per il futuro sarà richiesta una fluidificazione dei mezzi e delle risorse e una programmazione dei fini e degli obiettivi assai rischiosa e che sappiano trovarsi di tutte le tecniche più adeguate per la fondazione di un vero e proprio management della cosa pubblica. Ma è proprio su questo terreno la sfida che la riforma pone a tutti i soggetti chiamati a portare il proprio contributo. Sarà capace il sistema delle autonomie locali di adeguarsi al nuovo assetto del sistema istruzione rinunciando a ruoli finora esercitati di chi è chiamato soltanto a fornire le condizioni logistiche e organizzative per il buon funzionamento? Sarà capace la scuola dell’autonomia di collegare i suoi piani di offerta formativa alle concrete esigenze di sviluppo economico sociale e civile del territorio al quale si rivolge? E’ proprio su questi temi che bisognerà sviluppare un serrato dibattito che coinvolga in un confronto stringente non solo le istituzioni ma anche gli operatori del complesso tessuto sociale ed economico della nostra realtà. Penso che la nuova amministrazione regionale calabrese che verrà fuori dalla prossime elezioni debba interpretare questa fase in termini di grande responsabilità e grande lungimiranza ed assumere questo tema non per le implicazioni di potere, per i posizionamenti o per le interferenze possibili, ma come fattore fondamentale per conseguire risultati importanti sul piano dello sviluppo e della civiltà. Assumere il tema dell’elevamento del grado di istruzione dei nostri cittadini, dei nostri giovani e dei nostri ragazzi credo che sia questione che ha molto a che fare con i programmi di sviluppo di una regione che vuole superare il proprio ritardo, che vuole fare i conti con le proprie risorse e che vuole mettersi alle spalle la dimensione assistita dello sviluppo. Credo quindi che questa non possa che diventare una priorità fondamentale. Penso che il protagonismo della Regione debba essere più accentuato e debba proporsi in termini di forte complementarietà, cogliendo le opportunità che il nuovo contesto normativo offre, quindi nel pieno rispetto dell’autonomia scolastica e dell’autonomia didattica. Come la Regione può intervenire in questo campo? Finalizzando, intanto, le scelte, che talvolta sono anche dolorose, per realizzare una maggiore efficacia nella spesa pubblica, ad un obiettivo di qualità che ha a che fare con l’istruzione, con il sapere, con la cultura dei nostri cittadini. Allora, la Regione Calabria ha oggi sicuramente l’obiettivo di recuperare un protagonismo forte in questo campo, di esprimere una politica per l’istruzione nel rispetto delle autonomie e produrre una politica significa innanzi tutto portare un dibattito che è utile e fondamentale che si sviluppi sul piano politico, culturale e sociale. Bisogna riportare quel dibattito in una sede istituzionale perché si esprimano orientamenti, si assumano decisioni e si mobilitino risorse per sostenere questa iniziativa. I tempi sono maturi per un confronto politico – istituzionale, atteso che in questo ultimo decennio non si è nemmeno realizzata una conferenza interistituzionale sui temi della scuola e dell’istruzione e delle linee di sviluppo socio-economico della regione verso cui orientare i profili formativi in uscita dal sistema scolastico e universitario degli studenti calabresi. O solo per verificare il lavoro fatto, per migliorare e ridefinire il lavoro da fare, verificare quindi l’impianto programmatico che la Regione esprime. Bisogna, insomma, lavorare alla costruzione di un sistema di grandi opportunità, a progetti il cui successo sia affidato in maniera significativa al sistema scolastico e al sistema universitario e quindi si pone il tema di una concertazione molto forte e di un coordinamento che nel quadro delle autonomie e delle responsabilità esprima però una griglia fortemente selettiva rispetto agli obiettivi da conseguire. Va rafforzato, perciò, il ruolo della Regione e degli enti locali nella costruzione del sistema formativo: alla Regione e agli enti locali sono state assegnate molte delle funzioni del governo della scuola che prima appartenevano al governo centrale, insomma sono referenti istituzionali delle scuole autonome. Per far funzionare il sistema nel migliore dei modi, l’autonomia deve essere un reale – e non solo possibile – strumento di governo del sistema dell’istruzione e della formazione. Perché tutto ciò sia vero c’è bisogno di far crescere una cultura delle relazioni: fra scuola e scuola (le reti di scuole ), fra scuole e amministrazione periferica, fra scuole ed enti locali, fra scuole e tutti i soggetti presenti sul territorio. E tutti questi soggetti devono trovare la maniera di interagire tra di loro, devono trovare sedi di confronto, devono imparare a riconoscere le loro “parzialità” e le loro “reciprocità”, senza riproporre gerarchie. Le scuole devono diventare realmente luoghi di elaborazione, di riflessione e di ricerca sul proprio lavoro; luoghi di formazione e di crescita professionale; devono imparare a lavorare con altri soggetti per riuscire a costruire insieme una scuola migliore. Gli amministratori regionali e degli enti locali devono, forse, avere più rispetto per gli insegnanti, fidarsi di più delle competenze professionali dei docenti. Devono cominciare a scommettere e a investire sulla scuola, perché una scuola che lavora bene, che prepara bene i propri ragazzi fa crescere tutto il territorio: lo trasforma, lo migliora. Devono riorganizzare il loro bilancio individuando le priorità di spesa: e credo che la scuola sia una di queste priorità. Non si potrà mai realizzare una politica vera di sviluppo e di crescita culturale se non ci si metterà intorno ad un tavolo per programmare istruzione e formazione. Pensiamo alla formazione professionale: noi continuiamo a parlare di sistemi integrati, ma in questa regione la formazione professionale non funziona. Per potersi integrare i due sistemi devono non solo esistere, ma devono avere una loro dignità, identità, forza. Bisogna allora tutti insieme far funzionare le cose: con la consapevolezza che ci muoviamo all’interno di uno scenario in cui va costruito – in qualche modo inventato-il rapporto fra le varie autonomia. La posta in gioco è alta: è una migliore istruzione per tutti.

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