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di DEMETRIO NACCARI CARLIZZI
Alla pubblica denuncia del deputato del Pd Iannuzzi “Il Sud è diventato un bancomat, già dirottati 30 miliardi di euro” ha risposto per il Governo Berlusconi il sottosegretario di Stato Cosentino. “C’erano esigenze straordinarie”. A fronte del botta e risposta pubblicato da Il Corriere del Mezzogiorno – Economia sull’ultimo numero verrebbe da domandarsi se debba ancora esistere una necessaria corrispondenza o almeno un generico nesso tra la politica economica del Governo, come annunciata sui media, e la programmazione economica come risulta dagli atti ufficiali. Il sottosegretario Cosentino, rispondendo a Iannuzzi, ha affermato che, nonostante il taglio dei fondi Fas, il Mezzogiorno “rimane una priorità per il Governo, che l’intervento corrisponde all’esigenza di fare fronte ad eventi straordinari, di aver provveduto così per stabilizzare i conti senza aumentare le tasse”. Sul primo punto è appena il caso di ricordare che lo Stato italiano ha assunto obblighi di “convergenza” in sede comunitaria, utilizzare quindi i fondi destinati a tali politiche per fare altro non solo è rischioso perché la Commissione Europea potrebbe ritenere tali spese non eleggibili (e quindi non riconoscerle), ma pone un problema di discriminazione del Mezzogiorno. In altre parole, si decide, così facendo, di annullare investimenti necessari e di mantenere inalterati i differenziali negativi di efficienza, i diversi costi di transazione tra Nord e Sud del Paese. Rimane nel Mezzogiorno il pesante pedaggio che imprese e consumatori pagano per il solo fatto di operare o appartenere ad “un’area sottoutilizzata” del Paese. Ciò è una scelta di retroguardia e non può oggettivamente essere venduta dal Governo nazionale per una necessità. La seconda giustificazione addotta da Cosentino non può non portarci a considerare che, per la prima volta nella storia del Paese, eventi come il terremoto in Abruzzo non godono di una legge speciale. Anche la grave crisi economica e finanziaria che sta attraversando il nostro Paese non trova nel bilancio dello Stato risorse apprezzabili attraverso uno sforzo di tutti i territori. L’unica risposta, per l’Abruzzo come per la crisi, è l’utilizzo del “bancomat” dei fondi Fas, una scelta, ingiudicabile tecnicamente e deprecabile moralmente, che in sostanza addossa a carico dell’area più debole del Paese il costo dei problemi nazionali. La terza spiegazione del Governo è di fatto un fascio di luce sulla logica delle politiche nazionali dove prevale sempre, per asseriti motivi di rigore finanziario o per scelte mai poste in discussione, l’esigenza di stabilità ai danni delle politiche di crescita (incuranti delle necessità di intervenire sul sottoutilizzo del Mezzogiorno e sul suo effetto sulla bassa crescita italiana). Il Governo Berlusconi continua ad ignorare la scarsità di beni pubblici essenziali offerti dallo Stato nel Mezzogiorno (giustizia, sicurezza, istruzione) e i differenziali di costo nella produzione dei beni e dei servizi che rappresentano sostanzialmente una addizionale fiscale per chi vi vive ed opera. Tremonti di recente ha solennemente affermato che non autorizzerà le Regioni del Sud a utilizzare i fondi Fas per la copertura dei debiti sanitari e li ha invitati ad innalzare la pressione fiscale. Evidentemente non aveva concordato con il suo sottosegretario le risposte. Purtroppo nessun presidente di Regione ha nemmeno timidamente eccepito che quelle risorse appartengono giuridicamente al Mezzogiorno e non a Tremonti. O meglio appartenevano perché ho la vaga impressione che oggi non esistano più. Chi smentirà autorevolmente questo atroce dubbio? Nel Sud le questioni anzidette non sono le uniche a segnalare un problema di giustizia, di eguaglianza per i cittadini ed equità per le nuove generazioni nelle politiche pubbliche. Basterebbe analizzare i meccanismi meramente quantitativi del Patto di Stabilità delle Regioni, pur in presenza di maggiori risorse destinate per le regioni obiettivo convergenza, la logica ed i criteri monodirezionali scelti per il federalismo fiscale nella legge delega, che rischia di annullare i possibili effetti della riforma degradando i diritti sociali a diritti ad azionabilità geografica. In generale la logica genetica delle politiche pubbliche di questi anni ha conferito una nuova connotazione alla storica funzionalità del Sud rispetto al Nord. Una funzionalità che oggi è diventata economica e finanziaria e dinnanzi alla quale tutte le forze politiche indipendentemente dalla collocazione dovrebbero assumere una posizione di responsabilità verso i propri elettori. Ma queste sono altre storie, coerenti con la stessa azione di governo che brilla solo per il sacco delle risorse del Sud e per l’assenza di idee e proposte utili a connotare una politica economica. Anzi tale caratterizzazione antimeridionale definisce l’azione del governo Berlusconi come un’azione di redistribuzione delle risorse economiche dal Sud al Nord. Come per la copertura dell’abolizione dell’ICI, per le politiche anticrisi, per la programmazione delle infrastrutture e gli investimenti delle grande aziende pubbliche nazionali la logica è quella dello sceriffo di Notthingam. A quando il rigurgito di coscienza dei parlamentari del Sud, al ritorno di re Riccardo?

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