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di ANTONELLA CIERVO
LA svolta si è registrata nella tarda stata di lunedì, quando gli uomini del Reparto Operativo di Matera e quelli della Compagnia, al comando del capitano Paolo Sambataro, hanno incasellato le tessere del mosaico e compreso che il marocchino di 31 anni che si trovava davanti a loro era quello che aveva sparato a Francesco Di Cuia e Danil Iliescu, domenica sera in via Gagarin. All’uomo, prima del trasferimento in carcere a Matera, sono stati contestati i reati di concorso in omicidio e tentato omicidio.
Gli investigatori, che insieme al magistrato competente Annunziata Cazzetta stanno seguendo la vicenda, stringono ora il cerchio anche attorno alle altre tre persone coinvolte in quella che, con il passare delle ore, assume sempre più i contorni di una vera e propria esecuzione.
I due colpi sparati domenica sera, da una calibro 7,65 hanno raggiunto l’obiettivo prefissato, come dimostrano i bossoli ritrovati nella zona dell’agguato. Due colpi e non tre come detto in un primo momento; uno per ognuno dei due giovani fermi in quella traversa a pochi passi dalle giostre. L’intenzione era quella, probabilmente, di punire in modo esemplare chi non aveva rispettato i patti acquistando, ad esempio, dosi di droga senza pagarle.
Al vaglio degli uomini del Nucleo Radiomobile, del Reparto operativo e della Compagnia ci sono tutti gli elementi in grado di chiarire le cause che hanno condotto al tragico epilogo della vicenda con la morte di Francesco Di Cuia e quella cerebrale del giovane Iliescu.
Il capitano Paolo Sambataro ha alle spalle un’esperienza svolta in territori “caldi” come la Campania, Napoli e Scampìa. Sa bene che la regola principale da rispettare è l’affidabilità delle fonti (soprattutto davanti a episodi di cronaca nera) e l’intervento immediato, in grado di “isolare” ogni elemento utile alle indagini.
Ascoltare i testimoni, vagliare attentamente chi offre spunti utili per individuare i colpevoli, distinguere i millantatori da chi, al contrario, è testimone credibile: è questo il vero scatto di reni che consente di giungere, in tempi brevi, a risultati significativi.
In via Yuri Gagarin, domenica sera, sono stati in molti a passare dopo aver parcheggiato per raggiungere le giostre, le finestre dei palazzi che si affacciano su quella traversa erano tutte aperte. In pochissimi, però, hanno collaborato con gli inquirenti che si muovono soprattutto negli ambienti in cui gravitavano le tre persone coinvolte.
Cantieri edili nei Sassi e in altri quartieri della città, lavori saltuari soprattutto per i cittadini stranieri. Un ambiente nel quale è facile stringere rapporti e che, in casi rari, potrebbero trasformarsi in “occasioni di guadagno alternativo” legate magari allo spaccio di stupefacenti. Le prove di un legame diretto fra il marocchino, Di Cuia e Iliescu non sono emerse anche se appartengono alle piste battute alla ricerca di spunti per individuare cause di precedenti frizioni che possono aver provocato la reazione violenta, il ricorso alle armi.
Ieri, intanto, la vicenda ha varcato la soglia della Prefettura di Matera dove la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza è stata dedicata a questo episodio.
L’elemento forte emerso dai risultati delle indagini e dalle prove in possesso degli investigatori è che la città non viva quella che si definisce un’emergenza criminale.
L’attenzione resta comunque alta, come conferma la decisione presa dall’organismo di intensificare le attività di prevenzione e controllo del territorio.
Alla riunione, presieduta dal Prefetto Monteleone, erano presenti il sindaco Adduce, il presidente della Provincia, Stella, i comandanti provinciali di carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato, il questore vicario Nicola Modarelli e il comandante della Polizia municipale, Franco Pepe.
Il vertice, che avrebbe dovuto esaminare le misure di sicurezza, a poche ore dalla Festa della Bruna, ha registrato il clima di preoccupazione della comunità per la quale i due giovani colpiti in via Gagarin rischiano di diventare un campanello d’allarme.

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