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di LEO AMATO
POTENZA – Va bene una dialettica tra strutture caratterizzate in maniera ideologica. Per dirla come Eduardo Cilenti: «Il dibattito all’interno dell’Associazione nazionale magistrati è un valore da preservare», ma a un certo punto dev’essere avvenuta «un’esasperazione di tipo clientelare» di quel confronto continuo, neanche fosse una guerra di logoramento, e anche l’organo supremo di governo delle toghe avrebbe perso tanta parte della sua autonomia, diventando il mero luogo di ratifica di decisione – e più spesso “spartizioni” – che sono già avvenute altrove.
Non ha peli sulla lingua questo giudice quarantenne che ha deciso di portare un vento di novità nella campagna per l’elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura, in programma per il 4 e il 5 luglio, tra domenica e lunedì.
Probabilmente passerà alla storia come il primo candidato indipendente che ha osato rompere il gioco delle storiche correnti delle toghe, da Unità per la Costituzione a Magistratura Democratica, passando per Magistratura Indipendente e Movimiento per la Giustizia, ma non nasconde che ha ambizioni diverse: secondo un calcolo gli basterebbero più o meno 400 voti per arrivare a Palazzo dei Marescialli, e dagli inizi di maggio si è messo in viaggio, solo, per tutta la penisola da un Tribunale a un altro. Una delle ultime tappe del suo tour promozionale è stata nel Palazzo di giustizia di Potenza, dove ha incontrato anche dei vecchi amici.
«Qui ho iniziato la mia carriera da magistrato nel dicembre del ‘97. Avevo appena vinto il concorso come uditore giudiziario, e ho preso servizio nel Tribunale per i minorenni. Sono stato a Potenza fino a gennaio del 2005, poi il passaggio alla Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli, che è la mia città, dove oggi svolgo l’incarico di consigliere di Corte d’appello».
Le recenti vicende del distretto giudiziario lucano non lo sfiorano più di tanto. E sul tentativo di delegittimare l’operato di alcuni magistrati risponde che «non è abituato a fare ipotesi» portando il discorso sulle condizioni di lavoro dei colleghi. Fa l’esempio del suo campo e denuncia i carichi di arretrati del tutto squilibrati alle possibilità di smaltirli in tempo utile per il cittadino: «Quando si é costretti a fissare le udienze al 2014 vuol dire che siamo costretti a lavorare in un estremo disagio. Allora ci si pone il dubbio se rendere giustizia sia erogare un servizio o soltanto un prodotto, perchè il servizio richiede studio e approfondimento, mentre il prodotto solo una buona catena di montaggio. La sensazione é che si vada verso una deriva burocratica della funzione del magistrato in forza di una tendenza all’efficentismo che non tiene conto della ricerca continua del giusto equilibrio che dev’esserci tra la qualitá e la quantitá delle decisioni. Io dico: non una decisione a ogni costo, ma una decisione giusta.»
L’unica domanda d’obbligo è sulla proposta di soppressione dei piccoli tribunali, un argomento caldeggiato dall’Associazione nazionale magistrati in risposta ai tagli annunciati nella manovra economica del Governo, ma Cilenti lo restituisce subito al mittente.
«L’iniziativa per questioni di questo spetta soltanto al dicastero di Grazia e giustizia. L’Anm e il Consiglio superiore della magistratura ha solo un potere consultivo. Più che suggerire non si può fare.»
Tornando ai temi che gli sono più cari Cilenti tiene a evidenziare l’enormità della domanda di giustizia del Paese, «un’anomalia» che, a suo dire, trarrebbe la sua ragion d’essere nel numero spropositato di avvocati, «solo a Napoli quanti in tutta la Francia». Anche su questo da troppo tempo sarebbero in discussione progetti di riforma legislativa, mentre il Parlamento è impegnato a scrivere ben altre leggi.
Quello che avviene in Italia per Cilenti è un vero e proprio «abuso del processo», ovvero la «ricerca del contenzioso a tutti i costi» per alimentare la numerosa popolazione delle “pagliette”, come vengono chiamati a Napoli gli avvocati.
«Da giudice lavorista posso dire di essere inseguito da cause che hanno per oggetto non più di 30/40 euro». E se questo non è un problema gravissimo, nonostante la riforma del codice di procedura civile e l’introduzione del tentativo obbigatorio di conciliazione forse si sta guardando nella direzione sbagliata.
Visto da vicino questo magistrato che sta facendo tremare “i capisaldi” dell’ordine giudiziario non sembra neache uno sprovveduto. Spiega che fino ad oggi più che un’elezione vera e propria quella dei membri del Consiglio superiore della magistratura è stata «una ratifica» sulla base di «liste contrapposte e blindate» per cui su sedici posti a disposizione le correnti non sarebbero mai riuscite a esprimere più di diciotto candidature, di modo che gli equilibri non sono mai davvero cambiati anche se un magistrato non veniva eletto. Questa volta invece gli «outsider» sarebbero diversi: 2 per i 4 posti riservati agli inquirenti, per un totale di 7 candidature; e 4 per i 10 posti riservati ai giudicanti (come Cilenti) per un totale di 15 candidature. Solo per i due posti riservati ai magistrati di Cassazione non sono state presentate candidature indipendenti. Mentre un’altra novità importante sono state le primarie che si sono svolte per la scelta dei papabili tra gli iscritti di Magistratura Democratica, che è di gran lunga la corrente più partecipata. Ma anche su questo, come su certi luoghi comuni che colpiscono le toghe che ogni giorno affrontano serenamente e senza pregiudizi gli incarichi che hanno assunto nei vari tribunali sparsi per l’Italia, Cilenti tira fuori un dato che rimette in discussione tanta pubblicistica degli ultimi anni. In sostanza una buona metà di tutti i magistrati non sarebbero iscritti a nessuna delle correnti che animano il dibattito all’interno dell’Anm. Lì bisognerebbe intervenire per riconoscere uno stato di fatto introducendo «soluzioni di continuitá tra l’Anm e il Consiglio superiore della magistratura». E da lì dovrebbero arrivare le preferenze per gli indipendenti come lui.
«Non si puó trasporre tale e quale l’equilibrio di un sindacato dentro l’organo supremo di autogoverno della magistratura».
Se passa questo messaggio è probabile che lunedì cambi davvero qualcosa.

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