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Quattro anni d’indagine, dal 2006 al 2010, per fatti dal 2004 al 2008, Natale 2008 per la precisione, giusto un mese dopo che il vecchio capo dei basilischi si era “menato” pentito con gli agenti della Squadra mobile del capoluogo. Sono venticinque gli avvisi di conclusione delle indagini partiti dagli uffici della Direzione distrettuale antimafia per gli uomini dei clan di Potenza e provincia. Tra i nomi noti spicca l’assessore al bilancio della prima giunta comunale targata Santarsiero, Rocco Lepore, accusato di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
Il pm Francesco Basentini gli contesta in un’occasione di aver pagato una somma di denaro di diverse centinaia di euro al fondatore della quinta mafia, il boss Gino Cosentino, promettendogli anche un posto di lavoro per la compagna in un centro commerciale della città, in cambio del sostegno elettorale per le consultazioni amministrative del 2004, e i buoni uffici nei confronti del boss Antonio Cossidente, reggente incaricato di quello che restava del vecchio clan, dopo le operazioni della Dda nei primi anni del secondo millennio.
A un altro dei più fidati di Cossidente, Leonardo Numida Stolfi, accusato nell’ambito di questa stessa indagine per associazione a delinquere e una serie di reati legati a un carico di armi clandestine sequestrato nel 2004, l’ex assessore avrebbe regalato una scheda telefonica di sua proprietà, garantendogli una serie di “altre utilità” anche sotto forma di prestazioni professionali a titolo gratuito per le attività commerciali gestite dal “capobastone” e dai suoi gregari, come la Ideal Mangimi sas, e in particolare le consulenze in ambito fiscale e aziendale in generale.
Antonio Cossidente, Stolfi, Carmine Campanella, Franco Rufrano, Michele Di Bello, Vincenzo Barra, Alessio Telesca, Carlo Troia, e Savino Giannizzeri avrebbero formato il gruppo potentino originato dalla scissione della creatura criminale di Gino Cosentino, mentre Saverio e Domenico Riviezzi, Pasquale Marino e Angelo Quaratino il nocciolo del gruppo pignolese, con Nicola Sarli prima da una parte e poi dall’altra.
Armi, droga, e servizi di sicurezza nei locali sarebbero stati gli affari in comune tra i due clan, mentre ai pignolesi andrebbero messi in conto anche diversi attentati ai danni di imprenditori a fini di estorsione, tra i quali l’assalto armi in pugno e passamontagna a un cantiere in contrada Campo di Giorgio nel novembre 2008 dove venne preso di mira un furgoncino per il trasporto degli operai.
Ci sono anche diversi episodi collaterali, e la vicenda dell’attentato contro Antonio Cossidente nell’estate del 2006 quando si diffuse la notizia di un abboccamento con l’intelligence del Viminale del boss arrestato nello scorso mese di novembre nell’ambito dell’inchiesta sul Potenza calcio. A chiedere “soddisfazione” e a fornire le pistole a Rufrano, che a causa di un contrattempo non sarebbe più riuscito a portare a termine l’esecuzione: Saverio Riviezzi e Renato Martorano, capo della vecchia ‘ndrina potentina.
Essenziali per l’impianto dell’accusa le rivelazioni di Gino Cosentino, a cui soltanto di recente si sono aggiunte quelle di un nuovo collaborante della Procura, Alessio Telesca, a lungo autista di Cossidente.
Leo Amato

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