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di Anna Martino
Si riduce il numero degli iscritti, aumentano gli alunni per classe, alcune di queste scompaiono del tutto e si fa a meno non soltanto di un numero consistente di docenti ma anche di personale Ata, tra bidelli e personale amministrativo.
E’ la scuola italiana. Quella che, a due settimane dall’apertura, ha ancora un organico incerto. Quella che in alcune regioni, come la Basilicata, registra un presenza pari al 91 per cento di insegnanti di sostegno mentre degli studenti rimarranno privati di tale diritto. E’ una delle negatività prioritariamente denunciate da alcune scuole potentine. In particolare, la scuola media statale Domenico Savio avrà a disposizione su 9 alunni disabili 5 insegnanti di sostegno.
«Ciò significa che quattro non verranno adeguatamente seguiti. Molti di questi – commentano le due vicepresidi Carmela Santangelo ed Eugenia Tedesco – non potranno recuperare molte delle abilità che potenzialmente sarebbero in grado di riacquisire se solo non mancasse, oltre agli strumenti necessari di cui gli istituti sono sprovvisti, l’abc della scuola: l’insegnante».
Stiamo parlando dei «sostegnini» – come li ha definiti il Dossier di Tuttoscuola – «furbetti» che ricorrono alle graduatorie del sostegno per accedere più velocemente alla cattedra a vita.
«A questo punto – continuano le due insegnanti – non si spiega come sia possibile lasciare privi del giusto sostegno, anche alunni con gravi handicap, costretti ad essere seguiti da valide strutture in altre parti di Italia, visto che il sud ne è privo, e in base alle cui diagnosi le Asl dichiarano il livello di disabilità».
E aggiungono: «Dal Dossier emerge anche una più alta percentuale di disabili in Basilicata, non tenendo conto, però, di quelle famiglie che non accettano l’handicap del figlio, e che nella nostra società sono ancora tante. Capita spesso che i ragazzi vengano segnalati con ritardi lievi e poi, invece, lievi non sono».
Un aspetto davvero delicato e complesso, che certamente non si può affidare alla logica dei numeri. Come dovrebbe essere tutto ciò che riguarda il sistema scolastico. «La riduzione delle ore – riprende la dirigente Maria Giuseppa Corrado – non dà certamente garanzie. Non si può pensare, come è successo nel nostro istituto, di passare da 11 a 9 ore settimanali di italiano».
La riduzione delle ore insieme a quella dei finanziamenti, inoltre, comporta delle situazioni paradossali. «Può succedere – continua – che in caso di assenze di più insegnanti in una stessa giornata, non si riescano a coprire le ore perché non si hanno le finanze necessarie a garantire la retribuzione dei supplenti».
Ad aggravare la situazione, la media di 30 alunni per classe «difficili da gestire», soprattutto quando «vengono meno i collaboratori, nel nostro caso specifico solo uno e l’organizzazione complessiva dell’istituto si trova a fare i conti anche con un segretario in meno».
Laddove il personale Ata è rimasto invariato, come il Liceo Pedagogico, i problemi rimangono ugualmente. «perché abbiamo un elevato numero di alunni per classe – spiega il direttore amministrativo Lucia De Bonis – soprattutto in una scuola come questa, in forte crescita».
Tuttavia, per quanto riguarda la situazione dei docenti, è impensabile trovarsi agli inizi di settembre con «due cattedre di inglese ancora scoperte e 2 ore di educazione fisica che mancano per ogni classe. L’unica certezza che abbiamo attualmente, è quella di 92 docenti di cui 76 di ruolo e i restanti a tempo indeterminato e con cattedra incompleta».
Tutta colpa dell’assegnazione delle ore «a spezzoni», per cui «si possono avere anche 9 docenti per una classe di 18 ore».
Per un quadro definitivo le scuole dovranno aspettare il 6 settembre, giorno delle nomine.

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