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Il segretario della Cgil Calabria, Sergio Genco (in foto) ed il responsabile del dipartimento lavoro, Gigi Veraldi, in una lettera aperta indirizzata al presidente della Regione ed ai presidenti delle cinque Province calabresi evidenziano come il sindacato «da tempo esprime la necessità di un confronto sulle politiche attive per il lavoro e precisamente sulle materie che riguardano formazione, reimpiego ed occupazione, che rappresentano la diretta conseguenza ed il momento successivo all’utilizzo delle politiche passive e quindi la riammissione nel mondo del lavoro dei destinatari delle erogazioni di sostegno al reddito previste dalle varie tipologie di ammortizzatori in deroga (cig, mobilità e disoccupazione speciale) previste dall’accordo istituzionale regionale grazie anche alle risorse comunitarie, pari al 30% finanziate con il Fondo Sociale Europeo ed il restante 70% garantito dal Ministero del Lavoro». «Esiste il preciso vincolo comunitario di politiche attive per il lavoro – prosegue la lettera – in misura e con azioni correlate e concorrenziali rispetto alle dette politiche passive di sostegno al reddito. Sempre la regolamentazione comunitaria richiama costantemente alla condivisione di tali azioni con il partenariato, a ciò si aggiunge che in Calabria, così come testimoniano le statistiche economiche e sull’occupazione, esistono condizioni drammatiche di disoccupazione e di nuove perdite di lavoro che meriterebbero non banali confronti ma una concertazione permanente tra Regione e Parti Sociali in grado di definire una condivisa elaborazione del Piano per il Lavoro della Calabria.
A tal proposito il Piano Stralcio 2010 è insufficiente e non esaustivo delle problematiche per il lavoro in Calabria, ribadiamo le perplessità già espresse all’atto della presentazione del relativo documento, con particolare riferimento alla riedizione delle Borse Lavoro che attengono a modalità, da noi non condivise e che di fatto creano ulteriori fenomeni di precarizzazione, flessibilità e atipicità contrattuale di cui la Calabria operosa dovrebbe fare a meno, nel mentre servirebbe per il decollo dell’economia regionale, un tessuto imprenditoriale sano e produttivo con l’applicazione degli strumenti di produttività e competitività che per quanto riguarda il lavoro non possono che essere la sua qualità e quindi le relative modalità statuite dalla piena contrattualizzazione e dalla stabilità lavorativa».
«In un quadro preoccupante a livello regionale – sostengono Genco e Veraldi – diventa importante rivendicare il Testo Unico del lavoro che non deve essere una elaborazione unilaterale compiuta dalla Giunta regionale, dall’Assessore al ramo e dai rispettivi consulenti ma deve poter contare su una programmazione frutto del confronto sindacale e con la produzione di un necessario Patto Sociale per il Lavoro che riesca a costruire risposte serie alle necessità del mercato del lavoro calabrese minato da mille contraddizioni ed incertezze, acuite rispetto al concetto economista dell’esercito industriale di riserva, con una caratterizzazione molto più grave, composta da un mix di disoccupazione, inoccupazione e precariato. Nell’ambito di quest’ultimo basti ricordare il ruolo degli LSU e LPU fondamentale nelle comunità locali per continuare a garantire servizi pubblici che altrimenti i tagli delle ultime finanziarie, verso gli enti locali, avrebbero cancellato. Una platea di soggetti senza diritto al lavoro, con disagio sociale e con diritti di cittadinanza fortemente affievoliti che attende risposte in termini di opportunità di lavoro o di stabilizzazione nel lavoro in un circuito virtuoso finalmente utile al decollo dell’economia calabrese.
Un dramma che in Calabria dal 2008 ad oggi annovera ulteriori 68.000 persone che hanno perso il posto del lavoro e quindi espulse dal circuito produttivo con serie difficoltà a rientrarci. Una Regione con una platea di persone in cerca di prima occupazione di gran lunga più numerosa di quella censita attraverso le iscrizioni dei Centri per l’Impiego. Una quantità di lavoratori, dei vari settori produttivi, che nella loro vita hanno conosciuto solo lavoro in nero e non hanno avuto, finora, l’opportunità di una giornata di lavoro regolare, a questi di aggiungono quelli che attraverso le varie sfaccettature di lavoro flessibile sono dominati dalla precarietà nel lavoro che ha finito per essere un pesante fardello per la loro esistenza e per le loro famiglie, con la nascita di un modello sociale di insicurezza ed instabilità. Ancora incertezze per tutti coloro che ad oggi sono stati ammessi al beneficio del sostegno al reddito attraverso gli Ammortizzatori sociali in deroga, per quest’ultimi con particolare riferimento a quelli oggetto per l’anno 2010 alla prima concessione, denunciamo il ritardo nelle rispettive erogazioni ed inoltre nutriamo serie preoccupazioni per la insufficienza delle risorse e quindi il rischio di non poter rispondere alle ulteriori situazioni di crisi aziendali che continueranno ad interessare il tessuto produttivo calabrese».
«Altrettanto dicasi per le risorse da rivendicare per la stabilizzazione e la fuoriuscita degli LSU e LPU – sostengono ancora i due sindacalisti – per i quali anche le procedure in corso sono messe in difficoltà. Risulta necessario l’avvio di un tavolo Regione-Governo per superare tali ostacoli ma ancora di più per rivendicare ulteriori risorse necessarie a svuotare il relativo bacino. Per tutti i motivi elencati riteniamo negativo il mancato confronto tra Regione e Sindacato relativamente ai Piani per le Politiche attive per il Lavoro che si stanno producendo nelle Province con il superamento inconsueto del ruolo del partenariato regionale e della necessaria contrattazione territoriale da intrattenere con i detti Enti intermedi. A quest’ultimi indichiamo di rivedere la posizione di unilateralità, nel mentre servirebbe vivere unitamente alle forze sociali una opportunità di protagonismo e cambiamento che dovrà riguardare le politiche delle Amministrazioni Provinciali per le funzioni della formazione, del reimpiego, dell’occupazione e con un miglioramento dei servizi offerti dai Centri per l’Impiego che diventino vero volano dell’incrocio domanda offerta. Occorre una visione generale di quanto sta avvenendo in Calabria in termini di disarticolazione e desertificazione del tessuto produttivo, che sta producendo effetti devastanti sotto il profilo occupazionale e sociale, sapendo coniugare le politiche passive a quelle attive che hanno come contesto una strategia complessiva che attiene allo sviluppo e al lavoro.
La Cgil – conclude la lettera – ritiene che la sensibilità verso le politiche del lavoro debba riscontrare connotati di confronto sociale e seria programmazione, ritardare o compiere atti unilaterali significherebbe condannare ulteriormente la nostra regione a pratiche che non vanno di pari passo con la legalità e il decollo dell’economia regionale, per questi motivi insistiamo nell’azione rivendicativa e se costretti la sosterremo con la promozione di una forte mobilitazione regionale».

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