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MELFI – Sarà ancora la cassa integrazione ordinaria a traghettare i circa 5.200 operai della Sata di Melfi verso il nuovo anno. Un 2011 che si preannuncia ancora più duro e carica le tute blu lucane di ulteriori preoccupazioni. Lo si capisce da come ieri è stata accolta dello stabilimento la notizia del ricorso a ulteriore cassa integrazione.
Si tratta di nove giorni di ammortizzatori sociali nel solo mese di novembre: dal 15 al 21 e poi ancora dal 25 al 30.
Lo ha comunicato ieri il management aziendale alla rsu di stabilimento. La nuova cigo si aggiunge a quella che avrà inizio il prossimo lunedì 25 e si protrarrà fino al 29.
Ufficialmente il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato giustificato con l’esigenza di adattere i livelli di produzione alla domanda di mercato. Ma è chiaro che ora le preoccupazioni dei lavoratori riguardano soprattutto due aspetti.
Prima fra tutti, l’effetto economico immediato in busta paga: il mensile di un operaio co dici giorni di cassa integrazione difficilmente arriva a mille euro.
I salari ne vengono notevolmente ridimensionati. C’è poi l’aspetto che riguarda il clima che si respira all’interno dello stabilimento: se a novembre le cose andranno così, cosa accadrà a dicembre? Gli interrogativi sulla tenuta della fabbrica lucana crescono.
«Si sta tristemente concretizzando quello che avevamo previsto – dice il segretario della Uilm di Potenza, Vincenzo Tortorelli – Si tratta di una pesante negatività che ricade sulla testa dei lavoratori, che ci spinge a fare i conti con la dura realtà. E che ci fa presumere che il passaggio al nuovo anno sarà ancora più complesso».
Anche il segretario generale della Fim Cisl Basilicata, Antonio Zenga, che si dice «preoccupato per il continuo ricorso agli ammortizzatori sociali determinato dal cattivo andamento del mercato».
Zenga pone la necessità della proroga degli incentivi, «in assenza della quale era lecito aspettarsi una fase di assestamento del mercato».
«Ma è anche evidente – continua nella sua analisi – che gli stabilimenti mono-prodotto come la Sata soffrono in maniera particolare l’andamento altalenante della domanda. Si ripropone dunque con maggiore urgenza il tema del secondo modello.
L’auspicio è che si possa riprendere in tempi rapidi il confronto tra Fiat e organizzazioni sindacali sul nuovo piano industriale e sul futuro produttivo e occupazionale dello stabilimento Sata, futuro – conclude Zenga – che deve passare necessariamente per un diversificazione produttiva e il rafforzamento della base occupazionale».
«Non è più una questione di incentivi», per il leader della Uilm, Tortorelli, che spiega: «Abbiamo potuto vedere come gli effetti degli incentivi non siano tutto oro. Seppure capaci di trainare in alto i livelli di produzione in un determinato momento, al loro scadere fanno registrare un blocco totale delle vendite, con effetti molto gravi sugli stabilimenti».
Cosa fare allora? «L’unica via di uscita in questo momento è la programmazione di una politica economica in grado di rilanciare il settore auto italiano».
Della necessità di una tavolo urgente con Fiat tornano a parlare i segretari dell’Ugl metalmeccanici di Basilicata e Potenza, Giuseppe Giordano e Donato Russo . «Siamo preoccupati – scrivono – per ciò che si potrebbe prospettare per il futuro dello stabilimento in lucano in vista di eventuali ridimensionamenti».

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