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POTENZA, 21 NOV – Lei si chiama Speranza, è l’ultima di sette figli, e per lavorare è dovuta emigrare al Nord; la sua, in questo caso, non è solo una delle tante storie del Mezzogiorno, ma il nome che porta e il suo particolare compleanno raccontano insieme uno dei momenti più drammatici della Basilicata e un sentimento collettivo di rinascita dalla tragedia: Speranza nacque nella notte che seguì il terremoto del 23 novembre 1980, a poche ore da quella terribile scossa. La sua storia la raccontano in molti, e spesso «molti – ci tiene a precisare con un pizzico di ironia la stessa Speranza – me la raccontano ogni volta che spengo le candeline». La famiglia Pepe abita a Muro Lucano (Potenza), uno dei nove Comuni del «cratere» lucano, ossia l’area più devastata dal sisma. Mamma Lucia ha già messo al mondo sei figli (tre maschi e tre femmine), e poco dopo la terribile scossa del 23 novembre ha le prime doglie. A Muro la gente è in strada, terrorizzata e accampata nelle automobili o nelle campagne. E il freddo, quella notte, era di quelli che ti entrano nelle ossa, specie a 700 metri sul livello del mare e a un mese da Natale. Non è possibile partorire in casa, moltissime sono gravemente danneggiate. Così come non è consigliabile raggiungere l’ospedale di Potenza. Anche perchè nessuno sa quale sia la situazione nel capoluogo lucano e negli altri centri della Basilicata. La narrazione di quelle ore, ovviamente, Speranza la racconta per «sentito dire». Ma l’attuale sindaco di Muro Lucano, Gerardo Mariani, quella notte se la ricorda benissimo. Perchè fu lui (all’epoca vicesindaco di 42 anni) a occuparsi di quella donna incinta: «Mi raggiunse un mio carissimo amico – dice Mariani con un pizzico di commozione – chiedendomi come risolvere la situazione, e allora decidemmo di portare Lucia al campo sportivo, dove sapevo che c’era già un tenda della Marina Militare». I primi soccorsi, fortunatamente, erano già arrivati a Muro Lucano, nonostante il freddo e le strade poco praticabili. Mariani ha a disposizione un motocarro, e con quello porta la donna fino al campo sportivo. Lì trovano un maggiore della Marina, Leone Carucci, che fa partorire Lucia senza particolari problemi. È l’una e trenta del 24 novembre 1980, e quella bambina è la prima nata in una notte di tragedia. I presenti lo sentono come il primo segno di una speranza che deve andare oltre le macerie. E quello deve essere il nome da affidare alla piccola. Speranza, probabilmente non festeggerà il suo trentesimo compleanno in Basilicata. Scherzando, ammette che “difficilmente qualcuno si dimentica di farmi gli auguri a Muro Lucano». Confessa di «non aver ancora ricevuto regali per il suo trentesimo compleanno», anche perchè quest’anno vedrà le commemorazioni in televisione, perchè attualmente si trova in Emilia-Romagna per lavoro. È una cameriera di sala, e si augura di poter trascorrere la stagione invernale negli hotel del Trentino: «Per me – spiega senza problemi la giovane lucana – significherebbe altro lavoro». E dopo 30 anni, mentre la ricostruzione in Irpinia e in Basilicata è stata quasi completata, questa è ancora la vera speranza di tanti meridionali.

di Davide De Paola
(ANSA)

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