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di TONINO PERNA
Fa male a tanti leggere quello che hanno scritto i giornali sullo scandalo delle Università di Reggio, Catanzaro e Messina. Ogni anno in autunno, al cadere delle foglie, uno o più scandali colpiscono le Università italiane, soprattutto quelle meridionali. Era successo l’anno scorso e l’attenzione si era concentrata sull’Università di Bari (scambio sesso con esami) , due anni prima su quella di Messina ( con rettore e consorte indagati), e via dicendo. Tra i tagli della Gelmini, che cancella borse di studio e fondi per la ricerca, e scandali che ne declassano il prestigio sociale le Università italiane, soprattutto quelle meridionali, sono finite in un gorgo di cui non si vede la fine. << Mi sento ferito>> ha dichiarato il rettore Giovannini della Mediterranea, in attesa di conoscere i risultati del lavoro di indagine della magistratura. Mi sento umiliato, aggiungo io, che –come tanti docenti- credo in questo lavoro, mi appassiona la ricerca ed adoro il rapporto con gli studenti e ne sono ricambiato da affetto e stima. E sono loro le principali vittime di quello che sta accadendo. Se è vero che il caso dello studente di Platì, che dà 9 esami in 45 giorni, non è unico, è anche vero che la maggioranza degli studenti sgobbano, si impegnano, vogliono essere premiati per quel che valgono. Scrive su questo giornale una studentessa universitaria della Facoltà di Architettura della Mediterranea: <> Grazie Giusy Mignolo per questa bella lettera ,che dovrebbe costituire un punto di riferimento per docenti e studenti. Ma, affinché questo tuo diritto ad una laurea degna di questo nome diventi la norma occorrono alcuni cambiamenti strutturali. Il primo riguarda il legislatore . Nei decreti di questi ultimi anni sull’Università, in nome di una fantomatica “produttività” si è promossa una sorta di associazione al lassismo, fratello della corruzione. Le singole Facoltà/Università vengono premiate in base al rapporto iscritti/laureati in corso (vale a dire in tre anni). La cosiddetta laurea “triennale” è stata un disastro sia per la dequalificazione dei corsi, sia per il maggior carico per gli studenti nell’unità di tempo. Per metterci una pezza si è peggiorata la situazione invitando i docenti ad essere più “comprensivi” in modo tale da laureare il maggior numero di studenti nel minor tempo possibile. Produttività per addetto come in una fabbrica di auto. La laurea Triennale è poco più di un diploma di scuola media superiore e non ha lo stesso valore della vecchia laurea. E’ come un caffè senza caffeina o un bicchiere di latte senza lattosio. La specialistica, che doveva produrre i veri laureati, si è rivelata-soprattutto nelle Università più povere- un flop. Infatti, non avendo risorse per chiamare veri esperti esterni o organizzare stage formativi degni di questo nome, ci si è ridotti ad utilizzare gli stessi professori delle triennali che, spesso, hanno solo cambiato nome alla stessa materia di insegnamento. Per non parlare poi di dottorati di ricerca senza ricerca o con poca ricerca per via delle mancanze di risorse. C’è, dunque, una grande questione strutturale che nei prossimi anni, se ci sarà un governo ad patriam, bisognerà affrontare urgentemente. Ma, c’è anche una questione morale interna all’Università ed al suo rapporto con la società. Negli ultimi decenni si è imposto tra i docenti universitari uno stato d’animo che è un misto di frustrazione e rassegnazione. Di fronte alla penalizzazione economica del docente universitario italiano rispetto ad altri paesi occidentali, la risposta è stata una via di fuga: verso le professioni, i centri di ricerca, eccetera. L’Università a tanti è servita più come biglietto da visita per altri lavori e carriere che come lavoro in sé da portare avanti. Si è creata una figura di docente-fantasma che passa dalle aule facendo, quando va bene, le sue ore di lezione e scappa. Questo Phantom Professor non partecipa ai Consigli di Facoltà , fugge gli studenti e loro richieste, vede le tesi di laurea come una scocciatura, e si ricorda che è un docente di ruolo solo davanti alle telecamere. Eppure, tutti lo sanno, ma nessuno lo denuncia o protesta. C’è una sorta di omertà diffusa nel mondo universitario che, in nome del quieto vivere, lascia che il degrado, il menefreghismo crescano. Insieme alle raccomandazioni. Anche quelle inutili. Quante volte mi sono stati raccomandati studenti bravi, alle volte eccellenti. E non ho potuto fare a meno di chiedere allo studente: ma perché ti sei fatto raccomandare? E molti hanno risposto: è stato mio padre. Mi ha detto che una raccomandazione non fa mai male. Ps. Una volta ero orgoglioso della mia Università di Messina. Negli anni, dopo tanti scandali (dall’omicidio Bottari fino al più recente coinvolgimento del rettore…) alle volte mi vergogno di appartenere a questa istituzione. Debbo sempre spiegare-specie ai nordici- che ci sono anche cose buone in questo mondo.. Dove sei finita cara Universitas , nata in Italia a Bologna, luogo storico di dibattiti accesi e controversie, di amore per la lettura e per la scienza? Se ci sei batti un colpo. Anzi due, perché siamo diventati un po’ sordi.

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