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di Paride Leporace Il capo dello Stato non si è fatto distrarre dalla monnezza napoletana e dalla crisi politica e con un messaggio ha ricordato il terremoto del 1980 (213817Leggi il messaggio di Napolitano).
Una ferita nazionale che ha aperto una seconda Questione meridionale investendo anche i percorsi costituenti della moderna Basilicata che su quelle macerie ha costruito la sua storia recente. Temi ampi e complessi cui abbiamo dedicato un fascicolo speciale a colori che offriamo oggi ai nostri lettori come strumento di memoria e conoscenza. Approfitto per ringraziare l’ editoredella Luedi che ha aderito alla richiesta di non apporre nessun sovrapprezzo al culturale e civico collaterale
comprendendo le ragioni di fondo che hanno animato questa particolare iniziativa editoriale che non ha neanche cercato inserzioni commerciali per preservarne i contenuti limitandosi ad avere una civile partnership da parte del sindacato degli edicolanti e dall’ Ospedale San Carlo, istituzioni che sono state ben liete di aiutarci a coprire i costi di realizzazione.
Giorgio Napolitano nel suo messaggio alle popolazioni colpite dal sisma punta tutto sulla prevenzione, sulla solidarietà, e sulla vigilanza del territorio. Manca qualcosa.I più giovani noteranno che nel messaggio del Quirinale si
fa riferimento anche alla Puglia e alla provincia di Foggia.
Una verità da carta bollata. Perché in quell’ occasione i pugliesi avvertirono solo il rumore della terribile scossa. Nel 1980 la politica dell’ epoca sfruttò il dolore e lo choc per una enorme dilapidazione di denaro pubblico. L’ area
del cratere autentica ha riguardato trenta comuni disastrati e quasi distrutti tra Campania e Basilicata e un centinaio nella stessa area danneggiati in modo più o meno grave. Con il passare del tempo l’ area del sisma cresce a dismisura. Il governo Forlani l’ allarga a 280 comuni: l’ intera provincia di Avellino, l’ area metropolitana di Napoli, 50 paesi del Beneventano, otto di Caserta, nove di Matera. Un semestre e i comuni danneggiati sono 312. Entra anche la provincia
di Foggia con altri 14 comuni. Alla fine l’ area del cratere si dilata in un triangolo immaginifico che da Teano scende fino a Sapri per poi estendere l’ altro lato verso Foggia.Un ciclo del cemento armato e della clientela che
approfittava della catastrofe per creare consenso e spesa pubblica a dismisura. Governi a forte guida meridionale condizionarono la discrasia che riempirà le tasche di imprenditori del Nord. La politica aveva i volti di Gava,Pomicino, De Vito, Conte, Scotti. Ciriaco De Mita, da presidente del Consiglio, dovrà tutelare la sua Irpinia e gli amici imprenditori (Callisto Tanzi vi ricorda qualcosa?)
dalla famelicità dei vicerè napoletani. In Basilicata è andata meglio. Il doroteismo colombiano e la classe dirigente locale fecero parte del problema in forma molto ridotta.
E i comunisti? Nel nostro fascicolo l’ articolo di Piero De Siena fotografa bene la situazione locale sottolineando che l’ ultima generazione di dirigenti comunisti lucani in quell’ esperienza del terremoto ha formato una sua attitudine
al governo. A Napoli la questione fu diversa. I comunisti furono complici dello scippo dell’ epicentro per usare la felice espressione di un sindacalista lucano. Il capoluogo partenopeo era amministrato da Maurizio Valenzi. I miglioristi di scuola amendoliana persero il loro rigore sul fronte dell’ occasionismo. Il terremoto come leva risarcitoria di bisogni antichi. A Napoli vennero edificati 20000 alloggi popolari. La spesa aumentò di 15000 miliardi. Sarà un colpo letale per il Sud e gli stereotipi che aprono la strada alla Lega di Bossi. Per ragioni diverse si andò ad una scelta frutto dell’ accordo consociativo tra i vicerè del Pentapartito ed il potente gruppo dirigente comunista napoletano guidato da Andrea Geremicca, Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano. Forse per questo manca qualcosa nel messaggio del Quirinale. Oggi dopo la ricostruzione
dei luoghi serve quella dei fatti. Urge un’ ingegneria della memoria utile a creare nuove cassette degli attrezzi per affrontare il nostro presente. Noi stiamo cercando di fare la nostra parte.

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