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POTENZA – «Sono arrivati a chiedermi persino come mai ero sopravvissuto a quell’agguato. A Potenza non è stato interrogato nessuno dei rappresentanti del mondo musulmano in Basilicata, ma solo un mio collaboratore perchè conosceva il mio percorso del 7 gennaio. Io stesso sono uscito da quel colloquio con le forze dell’ordine sentendomi un indagato. Ma se non credono alla pista islamica allora chi è stato, io? Qualcuno si assuma le sue responsabilità. Incriminatemi».
Ieri pomeriggio Nello Rega (nella foto) è stato ospite a Roma al convegno “Notizie che disturbano e i giornalisti minacciati. Italia e Spagna”, promosso dall’osservatorio Ossigeno per l’informazione. Ha raccontato il suo ultimo anno e mezzo in cui, dopo aver scritto il libro “Diversi e divisi – Diario di una convivenza con l’Islam”, ha denunciato continue minacce di morte dal movimento sciita libanese Hezbollah con lettere accompagnate da proiettili, una testa d’agnello ritrovata in auto, fino al colpo sparato contro di lui da una vettura che gli si è affiancata mentre era alla guida sulla Basentana.
«Oggi mi sembra di vivere in una fiction – ha detto il giornalista -. Ho solo scritto un libro che mette in evidenza come nel XXI secolo si aggiusta la parità tra uomo e donna. Mi sento quasi colpevole di non essere morto in quell’agguato islamico. Sarei oggi un non problema per la magistratura e gli investigatori. Ringrazio, comunque, lo Stato, l’Arma dei carabinieri e Ossigeno che non si è risparmiato per chiedere a voce alta e pressante la mia sicurezza. Ciò che chiedo è solo di poter viaggiare su un’auto blindata, perché oggi non rischio solo io, ma i due carabinieri della mia scorta».

L’ultima episodio a quando risale?
«Il 31 gennaio un uomo della mia scorta ha trovato nella cassetta delle lettere della mia abitazione di Roma un plico con dei bossoli dentro. Chi li ha portati? C’era anche la rivendicazione dell’agguato che ho subito sulla Basentana. Qualcuno ha espresso dubbi sulla matrice di quanto accaduto. Io vi chiedo, allora: perché in questo anno e mezzo non sono stati ancora assicurati alla giustizia gli autori delle numerose minacce nei miei confronti? E perché Hezbollah, che in Italia ha rappresentanti ufficiali e “sotto mentite spoglie” non ha mai smentito di essere coinvolto nelle minacce contro di me e nell’agguato del 7 gennaio scorso? Se non si crede alla pista islamica, o li ha messi mio fratello o mia madre».

Non è così facile contattare Hezbollah in Italia.
«Ho parlato con dei colleghi minacciati dall’Eta. Quando non sono loro a colpire fanno sempre arrivare dei comunicati in cui chiariscono che non c’entrano. Come l’Ira e le Brigate rosse».

E in Basilicata?
«A Corato c’è una moschea sotto osservazione dal 2001. Anche in Campania ci sono gruppi islamici molto forti. Alla presentazione del mio libro ad Aversa tre islamici hanno cominciato a protestare. Organizzazioni come Al Quaida hanno un franchising diffuso in vari paesi, imitatori ovunque a volte maldestri, come quelli che ho incontrato io. Anche in Basilicata ci sono delle frange terroristiche. È per sua natura una terra di passaggio»

La procura di Potenza ha detto solo che la matrice di quanto accaduto non è necessariamente islamica.
«A Roma che stanno inquadrando la situazione. Ma dell’agguato si occupa Potenza, ed è difficile capire quello quello che succede senza conoscere tutti i precedenti. Il punto è contro di me c’è una fatwa vera e propria (la sentenza di un tribunale islamico. ndr). Per fortuna c’è il comitato provinciale di sicurezza, ci sono i gruppi parlamentari che sono intervenuti, la provincia, Ossigeno e la presidenza della Repubblica. Oppure sono tutti in male fede, una banda a delinquere?»

Questo è un assurdo.
«Io ho paura e non mi vergogno a dirlo. Ma non mi fermo: finora ho fatto 180 presentazioni del libro e spero di farne altrettante. Lo Stato però deve intervenire. In Italia si parla tanto di Islam moderato. Io non ci credo, ma in ogni caso non ho ricevuto nemmeno da parte di questi gruppi “moderati” un biglietto di solidarietà. Nessuno si è dissociato dalle attività criminali di Hezbollah. Vuol dire che se anche non agiscono, tutti la pensano come loro».

Torniamo a cosa è successo?
«Non capisco perchè ci si oppone alla teoria della matrice islamica di questi episodi. Oggi (ieri per chi legge.ndr) ero l’unico tra tanti giornalisti che hanno subito minacce a essere diventato un bersaglio ambulante. È chiara anche la ricorrenza della data in cui mi è stata messa quella testa d’agnello in auto con la festa islamica del sacrificio. Quella degli animali sgozzati non è soltanto un codice mafioso ma soprattutto una simbologia islamica. Da quando sono iniziate a succedere queste cose ho cambiato vita: percorsi, macchina, itinerari, ma non è bastato. Non ho attività commerciali, perchè avrei dovuto creare questa messa in scena. Lo ripeto: qualcuno si assuma le sue responsabilità».

Leo Amato

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