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di FRANCO LARATTA
Prendo spunto da quanto ha scritto ieri Giovanni Manoccio sul Quotidiano. Circa due mesi fa, alle prime avvisaglie della “primavera” africana, proposi al governo di avviare subito un piano per l’accoglienza dei profughi in fuga da quelle terre. Un piano che, d’accordo le regioni e gli enti locali, se realizzato avrebbe potuto favorire l’accoglienza in ogni comune di alcune decine di famiglie nordafricane, giovani, donne e bambini compresi. Nessuno ha mai risposto, anche perché il governo italiano ha un solo piano da sempre: i respingimenti, il rimpatrio forzato, la cacciata di quella povera gente in fuga, e al massimo l’ospitalità di una piccola parte in veri e propri centri di concentramento! Ci troviamo davanti a un’emergenza che possiamo tradurre in opportunità. Il nostro Paese, che è stato per molti decenni Paese di migranti che hanno raggiunto i più sperduti stati e nazioni del mondo, oggi è chiamato a gestire un evento epocale: la fuga dall’Africa di decine di migliaia di persone, giovani prima di tutto, ma anche interi nuclei familiari. Un evento che rischia di trasformarsi in un tragico esodo, e il Mediterraneo ancora di più in un mare della morte, se non sapremo programmare rapidamente una soluzione, una risposta. Lo deve fare anche l’Europa, che finora è rimasta a guardare anche per colpa dell’Italia che sul tema dell’immigrazione ha sempre sbattuto la porta in faccia ai Paesi europei con la pretesa di voler far da sé. Con un solo e chiaro programma: recuperare i barconi, identificare gli immigrati, ricacciarli nei Paesi di provenienza. Tutto qui. Infatti solo questo è stato fatto in questi ultimi anni, non immaginando che questa politica fosse del tutto miope. L’Italia tutta (e la smettano alcune regioni di rifiutarsi di fare la loro parte), in questo frangente, è chiamata a dimostrare tutte le sue migliori caratteristiche di Paese ospitale e accogliente. Così come la nostra gente ha sempre dimostrato di essere. I nostri governanti molto meno! Varare un piano di accoglienza è indispensabile. Ed è, lo dicevo prima, anche un’opportunità. Ogni comune d’Italia potrebbe ospitare, e subito bene integrare, un piccolo numero di profughi, favorendo la ricostituzione di nuclei familiari, creando piccole comunità di giovani (perché tali solo la quasi totalità di immigrati). Utilizzando, ad esempio, i nostri centri storici, sempre più abbandonati e in pieno degrado. Non creando ghetti, ma piccoli gruppi e famiglie di immigrati da integrare. Le risorse nazionali ed europee ci sono e possono essere messe a disposizione dei comuni. Saranno utili per favorire il percorso di inserimento e adattamento, per farne dei cittadini responsabili, ai quali aprire le nostre scuole, rispettando quelle che sono le loro culture e tradizioni. Ovviamente impareranno a rispettare la legge italiana, in un percorso di integrazione rispettoso e mediato. Per noi questi emigranti saranno davvero un’opportunità. Anche per la nostra economia, per la nostra cultura, per la necessità che abbiamo di condividere con loro un mondo che appartiene a tutti, che è fatto di mille colori e di mille identità. E ne scaturiranno anche forme di occupazione per gli italiani interessati a processi di sostegno linguistico, di educazione e formazione scolastica. Piccoli numeri per ogni comune, per favorire processi di integrazione più rapidi possibili, senza forzature o imposizioni. Saranno poi le nuove generazioni a crescere in un ambiente nuovo e a sentirsi cittadini veri di questo angolo di mondo. Dall’altra parte del nostro grande mare, ci sono terre che bruciano. Decenni di maltrattamenti, miserie, torture, fame, dittature hanno ora provocato la reazione delle nuove generazioni che non vogliono finire schiacciate, mortificate, cancellate. Il mondo “civile” che sta da questa parte del Mediterraneo non può pensare di essere solo spettatore. E di assistere al dramma in tv. Scacciare brutalmente quella gente, quei giovani, porterà alla rovina di tutti. Non solo di quella povera gente.

Leggi il COMMENTO di ieri250538″Possiamo essere un modello d’accoglienza”
di GIOVANNI MANOCCIO

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