X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

Cie, tra rabbia e mobilitazione Politica lucana scatenata dopo lo scoop de “L’Espresso” su Palazzo San Gervasio E’ BASTATO un reportage di un noto settimanale italiano per far aprire gli occhi alla politica locale. La denuncia dell’Espresso è forte. Ha colpito dritta al cuore di chi, magari, pensava che l’emergenza dei primi giorni si fosse risolta. Invece il centro di identificazione ed espulsione di Palazzo San Gervasio, stando alla ricostruzione della giornalista è un pugno nello stomaco. Se n’è accorto il governatore che pretende subito «chiarezza» sulla questione. Ci hanno pensato i politici di centrosinistra – dall’altra parte forse non conviene – che ieri si sono scatenati dimostrando tutto il loro “disappunto” sulla questione. Il senatore Egidio Digilio non risparmia sfrecciatine al Presidente della Giunta. Ritiene infatti «tardiva» «La richiesta di un’indagine» «e non può in alcun modo tacitare la coscienza da responsabilità perché è semplicemente impensabile che a distanza di oltre due mesi la Regione ignori come sia gestito il Campo e quindi quali siano le condizioni di vita dei migranti». Di «Costituzione sospesa a Palazzo San Gervasio» parla l’assessore provinciale alle Politiche sociali Paolo Pesacane, da sempre e in tempi non sospetti, in prima linea su questo fronte. «Purtroppo – ha continuato – siamo stati facili profeti di sventura quando abbiamo richiesto un intervento del Presidente della Repubblica, atteso che la Costituzione ci sembrava essere sospesa a Palazzo San Gervasio. Era il 5 aprile e in quel momento discutevamo di un campo che non era stato ancora trasformato in CIE e che doveva essere un centro di accoglienza e identificazione. Già allora avevamo denunciato lo stato di sostanziale detenzione dei profughi al di là e oltre ogni legge del nostro Paese. Tutto ciò con la sostanziale estromissione delle istituzioni regionale e provinciale che non sono state assolutamente coinvolte dal Governo nazionale in qualsiasi decisione riguardante il campo: dall’idea di allestirlo e dove alla sua realizzazione”. Di chiusura immediata del centro ha parlato invece il segretario regionale della Uil, Carmine Vaccaro. «Il sindacato che, unitariamente, ha fortemente voluto festeggiare il primo maggio a Palazzo San Gervasio per un segnale concreto di vicinanza con i migranti e di rinnovato impegno sui temi dei diritti dei cittadini extracomunitari non ha alcuna intenzione di tollerare quanto sta accadendo al Centro e sostiene la proposta di un’iniziativa immediata e sinergica tra Regione, Comune di Palazzo, Provincia di Potenza, sindacati ed associazioni di volontariato finalizzata ad accertare sicuramente responsabilità ma, dopo il video-inchiesta, finalizzata prioritariamente alla chiusura immediata del Centro stesso». Il consigliere regionale Giannino Romaniello vuole invece «chiarezza» «Anch’io in occasione della visita, insieme a dirigenti ed amministratori locali di SEL, fuori dai cancelli del campo, ho espresso valutazioni fortemente negative e chiesto invano spiegazioni. Ho espresso subito la preoccupazione che il centro di accoglienza, così concepito, potesse diventare una struttura, come ancora purtroppo ce ne sono nel Paese, dalle quali i migranti non possano uscire prima della identificazione e dei conseguenti provvedimenti di organi di polizia. Preoccupazioni avvalorate durante i casi di fuga che sono avvenuti a ripetizione». «La responsabilità ricade sul Ministro dell’Interno Maroni e su Governo Berlusconi». E Rocco Vita, capogruppo del Psi in Regione sostiene in una nota che «le immagini e le notizie circolate e diffuse nelle ultime ore sulle condizioni di autentica detenzione dei migranti nel CIE di Palazzo San Gervasio sono intollerabili. Condividiamo l’iniziativa del Presidente De Filippo perché il Ministro dell’Interno Maroni e il Governo forniscano tutti i dovuti chiarimenti e tutte le doverose spiegazioni sino a decretare la chiusura del Campo». Chi invece è sempre stato al fianco degli extracomunitari è l’Osservatorio Migranti. «Sono giorni – spiegano in una nota – che gli avvocati, che collaborano con l’Osservatorio Migranti Basilicata, nominati da dodici dei reclusi nel Ciet di Palazzo San Gervasio aspettano di poter incontrare i propri assistiti. Sono da circa trenta giorni che questi ragazzi protagonisti della “Rivoluzione dei Gelsomini” non riescono ad incontrare nessuno dall’esterno che non sia gli operatori della Connectin Pepol e i gendarmi deputati alla sicurezza». «Ad oggi quello di Palazzo San Gervasio sembra essere il Ciet più isolato di tutta Italia non solo per la distanza che corre dai centri di potere romani e regionali ma anche per l’assenza completa di qualsiasi ente o partito vicino alla comunità e ai reclusi». I membri dell’associazione denunciano una cosa gravissima. «Ci giungono voci di azioni di autolesionismo, sottrazione repentina della correte elettrica anche di notte all’interno delle tende che creano problemi oltre che di sicurezza per i migranti anche quelli di riuscire a caricare i cellulari per poter comunicare con le famiglie. Diversi sono i reclusi che hanno bisogno di cure mediche, oltre all’uomo con l’arto fratturato altre sono le patologie e i traumi che affliggono gli ospiti e per il quale si chiede assistenza». E di «impegno comune» parla invece Pietro Simonetti. «Occorre – dice – una mobilitazione di massa anche per mettere a punto le iniziative loicali per una diversa accoglienza,anche in vista dei prossimi lavori stagionali».

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE