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CARO direttore, ieri, sul Suo giornale, a fronte di un fatto di rara gravità, l’aggressione con un coltello nei confronti di un lavoratore del Parco del Pollino, hanno avuto più spazio le “ragioni” dell’aggressore che il torto subito dalla vittima, come se esistano ragioni che giustifichino il versamento di sangue, che ieri non c’è stato per il pronto intervento delle forze dell’ordine.
Avete deciso di pubblicare integralmente 295983la lettera del figlio dell’aggressore, con il titolo richiamato finanche in prima pagina, senza nessuna precisazione di condanna o di chiarimento sui fatti, dando uno spazio di pochissime righe alle comunicazioni del Presidente e del Vicepresidente del Parco, dimenticando che anche l’aggredito ha famiglia, affetti, figli, lacrime da versare.
Volendo restare ai fatti, come ieri non sono stati raccontati, si fa presente quello che è davvero successo alla presenza di numerosi testimoni e delle forze dell’ordine.
Ieri alle ore 8:05 circa il Sig. Vincenzo Di Consoli di anni 66 di Rotonda si è recato presso gli uffici dell’Ente Parco del Pollino chiedendo del funzionario tecnico dell’ente addetto all’ufficio gestione dei danni provocati dalla fauna selvatica.
Con gentilezza e cortesia ha chiesto informazioni al nostro collega in ordine ad alcune pratiche dallo stesso avviate nel Luglio u. s. Nel mentre il funzionario si accingeva a prendere la pratica dal faldone, il Di Consoli lo aggrediva da tergo immobilizzandolo dal collo con il proprio braccio sinistro e impugnando nella mano destra un coltello dalla lama di circa 27 cm. che brandiva con forza all’altezza del viso dello stesso il quale, a difesa della propria incolumità afferrava la mano destra cercando disperatamente di evitare di essere colpito, sulla scena, allertati dalle urla del malcapitato collega accorrevano diversi dipendenti del parco i quali di fronte a tale raccapricciante visione invitavano vanamente il Di Consoli a desistere, paralizzati dalla violenza del gesto e dalla paura che qualsiasi azione potesse provocare ben più gravi conseguenze. L’aggressione è durata per circa 20 minuti e solo con l’intervento tempestivo dei Carabinieri di Rotonda guidati dal Maresciallo Giuseppe Regina si è riusciti a disarmare l’aggressore, che non ha mai allontanato la lama dalla gola del funzionario, e a porre fine ad un gesto di violenza gratuita ed insensata.
Questo per una corretta ricostruzione dei fatti ed è per questo che i dipendenti dell’Ente Parco del Pollino esprimono sconcerto, orrore e profonda indignazione per la lettera del Sig. Andrea Di Consoli “figlio dell’aggressore”, pubblicata sul Quotidiano della Basilicata in data odierna (13/09/2011) dal titolo 295983“ Hanno arrestato mio Padre”, in cui non c’è neanche una parola di scuse o comprensione per il povero funzionario dell’Ente.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito in silenzio ai vergognosi e farneticanti attacchi di questo giornalista di fama nazionale, convinti come siamo che i problemi del parco non si risolvono sulle pagine dei giornali o meglio incitando il popolo alla rivolta contro dei lavoratori che per anni, con umiltà, dedizione, senso del dovere, correttezza e professionalità, hanno svolto la proprio opera all’interno dell’Ente ed in particolar modo per affrontare e cercare di mitigare il problema dei danni della fauna selvatica.
Qualcuno ha raccolto l’appello all’odio di Di Consoli e l’ha fatto, drammaticamente, proprio.
Non crede il Di Consoli che anche i propri articoli hanno contribuito a far perdere la testa al padre?
Non siamo e non saremo mai dei dipendenti insensibili alle esigenze dei cittadini del Parco! Per anni abbiamo accolto con cortesia i contadini del parco, che ci chiedevano a gran voce di affrontare questo difficile problema.
Per anni abbiamo cercato di spiegare loro quali erano le competenze dell’Ente e i possibili interventi che, con grande fatica ma con altrettanto impegno abbiamo comunque posto in essere, nel rispetto delle leggi dello Stato. Quando siamo stati assunti abbiamo prestato giuramento impegnandoci ad essere fedeli alla Repubblica ed e ad osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, quella stessa Costituzione e quelle stesse leggi che oggi, questo farneticante “giornalista” ci chiede di violare, in nome della comprensione dei “bisogni del territorio”, che a suo dire devono prevalere su tutto e su tutti.
Siamo orgogliosi di aver agito sempre nel rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato convinti come siamo che questo è il nostro compito e su questo non arretreremo mai, neanche di fronte alla pressione mediatica orchestrata scientemente da un signore che magari per tutto l’anno staziona nel suo bel salotto romano caldo ed accogliente, per poi d’estate tornare nella propria terra d’origine ad aizzare la gente contro di noi.
Ieri è stata una giornata difficile per tutti noi. Ci siamo sentiti umiliati ed offesi, non solo da quel coltello che per circa venti minuti è stato puntato a 10 cm dalla gola del collega, ma anche e soprattutto dall’odio che trasudava anche fisicamente dal corpo e dalla mente di quest’uomo che, ironia della sorte, abbiamo negli anni scorsi accolto nella nostra sede, per cercare di venire incontro alle sue esigenze, nei limiti delle nostre competenze e responsabilità.
Evidentemente, il nostro lavoro non solo non è stato compreso, ma viene tutti i giorni vilipeso e offeso anche dalle istituzioni locali con le quali avremmo dovuto collaborare.
Ora la misura è colma! Dopo l’episodio di ieri non siamo più disposti e disponibili a sopportare nessuna ulteriore prevaricazione, convinti come siamo di essere ormai soli contro tutto e contro tutti; ma questo non ci scoraggia, consapevoli come siamo di aver sempre fatto il nostro dovere, sbagliando magari e pagando per gli errori commessi, a differenza di altri cui tutto è concesso e a cui nessuno dice nulla. Reagiremo con tutta la forza che ci rimane a tutti gli attacchi , da qualsiasi parte essi provengano, ivi compresi quelli violenti posti in essere “dall’intellettuale di turno” che non ci ha risparmiato nulla, mettendo insieme bugie su bugie, falsità su falsità, ingiurie su ingiurie, diffamazioni su diffamazioni. Nei suoi confronti reagiremo in tutte le sedi possibili compresa quella giudiziaria per tutelare i nostri diritti ed interessi affinché la presunta e mal utilizzata libertà di stampa, pur essa garantita dalla nostra Costituzione, non prevalga mai sulla verità e sulla tutela dell’onore di noi tutti e non sconfini nell’apologia di reato.
Non saremmo mai stati orgogliosi se nostro padre avesse aggredito con un coltello un giornalista per la sola colpa di aver compiuto il proprio dovere. L’avremmo considerato un gesto stupido, inutile, violento, insano e come tale condannabile senza “se” e senza “ma” e non esiste esasperazione che tenga di fronte alla commissione di un reato; perché il nostro intellettuale dimentica o finge di non vedere che ieri in una istituzione dello Stato sono state violate diverse norme del Codice penale, che da che mondo e mondo comportano l’irrogazione della giusta sanzione che cercheremo di far irrogare, chiedendo all’Ente Parco di costituirci parte civile nel processo che dovrà essere celebrato davanti alla competente autorità giudiziaria.
Sul nostro Parco, che con tanta fatica ed insieme a chi ci ha creduto, abbiamo cercato di dare anche noi il nostro umile contributo, è giunta l’ora e il momento di dire la verità: se questa area protetta è mal sopportata dalla gente ed invisa alle istituzioni (fermo restando il discorso delle prebende di cui sopra) allora con coraggio e responsabilità si faccia in modo di toglierla di mezzo, si agisca nelle sedi competenti (Parlamento della Repubblica) perché ciò avvenga senza ulteriore indugio.
Se il Parco è il male assoluto e i suoi dipendenti gli assassini della gente che vi abita allora lo si chiuda! Perché se questo può servire a risolvere i problemi di queste terre, saremo i primi a dare un contributo in tale senso! Con molta umiltà, però, vorremmo dire che noi siamo convinti del contrario, così come ha avuto modo di sottolineare il Presidente dell’Ente nella sua lettera di risposta del 10 settembre 2011. Al Signor Ministro dell’Ambiente, a cui intendiamo sottoporre queste nostre amare riflessioni, chiediamo con forza e con rispetto di voler adottare ogni misura volta a verificare ciò che sta succedendo nel Parco del Pollino.
Nel contempo i dipendenti del Parco ribadiscono la propria comprensione rispetto ai problemi degli agricoltori del Parco ai quali vogliamo confermare il nostro impegno affinché le questioni relative alla presenza della fauna selvatica continuino ad essere affrontati e, nei limiti delle responsabilità e delle competenze di cui sopra, se non risolti almeno mitigati. Siamo disponibili nelle forme più opportune a compiere una operazione di verità con i cittadini del parco confrontandoci con loro e solo con loro sulle azioni fatte e su quelle da fare invitando tutti però a non raccogliere la “chiamata alle armi” del nostro intellettuale lucano che non porta da nessuna parte e non risolve i problemi dei cittadini.

I dipendenti dell’Ente Parco Nazionale del Pollino

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