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di PARIDE LEPORACE
E’ molto grave e profondamente da condannare quanto accaduto lunedì scorso nella sede del Parco del Pollino a Rotonda. 295983L’irruzione da parte del signor Di Consoli, padre del nostro caro collaboratore Andrea, che armato di coltello ha minacciato un dipendente dell’ente non può essere rubricata con leggerezza e approssimazione e mi sia concesso di esprimere tutta la vicinanza umana mia e dell’intero giornale a Piero Di Giorno per i terribili momenti e la triste esperienza vissuta nell’esercizio delle sue funzioni. Scrivo questo con profonda convinzione e non per la lettera ricevuta dai dipendenti del Parco del Pollino che su una comprensibile onda emotiva si lasciano andare a considerazioni spesso inesatte, e a volte mendaci sconfinando anche sul terreno della calunnia.
Andrea Di Consoli non è intellettuale da salotto (ben altra è la sua tipologia di giornalista e letterato) che da dorati riposi si è sporcato le mani con vicende che non conosce. Di Consoli è il figlio di un contadino, per anni emigrato in Svizzera, e che nel rapporto con la sua famiglia aveva percepito con occhio lungo che la distruzione sistematica dei prodotti della terra agli agricoltori sta creando un profondo malessere sociale e una sbagliata gestione del territorio. Sostenere che una campagna giornalistica sostenuta con la forza delle parole e possibilmente della ragione abbia “armato” la disperazione di un vecchio agricoltore non ci aiuta a capire quello che è accaduto e quali sono le profonde radici di un malessere che sta portando mutamenti epocali nella nostra popolazione.
Per questo motivo è meglio partire dall’autocritica prima di indicare le pecche degli altri. Come direttore di giornali calabresi e lucani dichiaro di essere stato responsabile di certe sottovalutazioni. Le notizie delle devastazioni delle colture da parte di cinghiali in crescente aumento numerico nelle redazioni sono quasi sempre affrontate con il sorriso e una smorfia umoristica. Un fatto rituale di serie b, che riguarda persone sconosciute ai nostri immaginari da città, da relegare in basso pagina quasi fosse una notizia di colore. La testimonianza diretta di Andrea Di Consoli sul dramma personale del padre e di tanti altri contadini che con caparbietà si alzano alle quattro del mattino e coltivano la terra, assumono lavoranti per poi andare a vendere i loro prodotti su un angolo di strada, mi ha fatto riflettere su quanto fosse necessaria questa pubblica discussione verso chi in pochi minuti vede distruggersi tutto e non trova nessuna o quasi comprensione da parte di chi ti dovrebbe aiutare a risolvere il problema. Il nostro animalismo (questo sì fenomeno salottiero e urbano) è una patacca ideologica poca attenta alla mutazione del nostro essere. Dobbiamo riflettere della nostra disastrosa attenzione verso gli uomini in questa vicenda che meriterebbe narrazioni alla Steinbeck. I parchi progettati dagli uomini e aggrediti dai cinghiali provocano cattivi esiti e invece della gioia promessa recano dolore e profonda sofferenza come ben sanno in questo momento Piero Di Giorno e il signor Di Consoli per la prima volta recluso nel chiuso mondo del carcere. Il Parco del Pollino come la Valle dell’Eden dell’omonimo romanzo è terra di disperazione per i suoi residenti. Esiste un senso comune in questa storia se abbiamo ricevuto messaggi privati e pubblici di semplici cittadini e d’importanti politici che hanno ben compreso il piglio civico di Andrea Di Consoli e le sue premure nel voler risolvere una grande vertenza disattesa. E nel corso di questi giorni, già prima del fattaccio, dal Materano e da altre zone che non ricadono nel Parco del Pollino ho ricevuto telefonati e lettere da numerosi agricoltori che vivono questo dramma inascoltati dai più. Il nostro grido giornalistico è stato “salviamo i contadini”. Le leggi e le normative decise a Roma, a Bruxelles, a Potenza non sono utili ai residenti. I Parchi sono spesso governati da illustri trombati della politica che pensano alle loro clientele. Ai dipendenti del parco che oggi affermano di essere sempre stati disponibili nei confronti di tutti chiediamo se è andata sempre in questo modo. Mai detto: consultate i moduli su Internet a contadini che non hanno un computer? E le lentezze dei rimborsi, le pastoie della burocrazia, la lontananza verso altri mondi? Una storia che ricorda quella del film “Terraferma” dove al vecchio pescatore sequestrano la barca per aver salvato migranti in acqua perché lo Stato non rispetta più la legge del mare.
Il presidente Pappaterra che sull’onda della deriva di queste ore ha prima accettato il dialogo conciliatore e ora promuove mozioni e assemblee rifletta su quello che non è stato fatto. Apprendo che proprio ieri la giunta regionale ha adottato un provvedimento per un corso di esperti per il censimento e prelievo di ungolati. Maglio tardi che mai. I piani di abbattimento e prelievo vanno rivisti e le carni possono essere dotate a comunità di bisognosi.
I programmi elettorali sono pieni di green economy e poi mille agricoltori rischiano di dover restituire i fondi del Psr per cavilli e malaburocrazia. In queste ore è rumoroso il silenzio dell’assessore regionale all’agricoltura e di quello alla caccia che sembrano non vedere i problemi. Eppure al presidente De Filippo non manca la sensibilità verso le aree interne. Ho appreso che nello scorso agosto ha finanziato con duecentomila euro la strada di San Migalio che leva dall’isolamento secolare le comunità contadine di San Paolo Albanese e di Terranova del Pollino. Sono questi gli atti concreti della buona politica che salvano la dignità e le speranze di un rapporto con la terra. Mi scrive Marilena: “Mi dispiace per Di Consoli e per il papà. Ho visto tante volte la disperazione sul viso dei tanti contadini che vivono di quel poco che piantano, non è facile lottare con i cinghiali, non è facile trovare distrutto tutto quello che si coltiva con amore e sudore. Lo comprendo e gli mando attraverso di Lei un forte abbraccio”. Ricordiamoci degli uomini. Non diventiamo cinghiali.

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