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DUE giorni dopo l’arresto di Sigillito la politica parlò. Con il ritorno a Potenza del governatore,che aveva chiesto un silenzio meditativo in sua assenza, il segretario Speranza ha diffuso un comunicato prontamente ripreso da Viti, in una mattinata cronometrata sui tempi di una gara a chi tagliava per primo il traguardo della buona decisione. Mentre il presidente De Filippo annunciava di aver chiesto ai vertici Edf l’eventualità di uno stop volontario, Lacorazza in contropiede annunciava di aver già sospeso l’autorizzazione a Fenice specificando un lunghissimo elenco di motivi a supporto del provvedimento perché esso apparisse autonomo e guardandosi bene dal fare riferimento — un solo riferimento — agli accertamenti giudiziari in corso. Appresa la decisione della Provincia il governatore ha precisato che la titolarità della sospensione non poteva che essere di piazza Mario Pagano. E mentre si leggevano le parole dell’assessore Mastrosimone che, forse immaginando di parlare al suo assessore Macchia, proclamava: «Basta, la gente non ne può più di una politica che sottovaluta la gravità dei problemi» si apprendeva anche che i deputati del Pd Realacci, Margiotta e Luongo interrogavano il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo (solo ora?). A mano a mano che tutti giungevano alla meta della dichiarazione responsabile, veniva da pensare all’altro filone d’inchiesta, non quello del disastro ambientale, ma al disastro delle coscienze davanti a quel pezzettino del mercato immorale del lavoro appena svelato. Il segretario regionale Speranza, con i toni che lo caratterizzano, richiama alla necessità di un rapporto più mite tra consenso e potere. In verità più o meno un mese fa con parole più decise e ben prima dell’inchiesta, si era espresso il segretario provinciale del Pd di Potenza, Antonello Molinari, amico di Sigillito. Amico disinteressato, stando alle carte del banchetto spartitorio. Sarebbe interessante capire, ex postea, la sua opinione.

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