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di PARIDE LEPORACE

CARO presidente del consiglio regionale e, se permetti come decenza consente, caro compagno Folino, la prima volta che ho assistito ad un comizio, avevo otto anni, e sul palco parlava Alfredo Reichlin. Quel discorso a casa mia tenne banco per giorni. Mio padre e mia madre lo avevano interiorizzato con grande passione. Le parole sono importanti. E che uno dei più autorevoli rappresentanti del Partito Democratico lucano riprenda un dialogo in forma civile con questa testata a partire dal fulgido esempio di Antonio Ribba ci rincuora e ci rafforza.
Vengo anch’io ai fatti. Conosciuti, ripetuti ed esplicitati con un linguaggio giornalistico molto apprezzato e spesso condiviso da una pluralità di persone e gruppi politici, il che soddisfa gli enormi sforzi d’imporre un racconto sui fatti stringente e diretto. Ieri su Repubblica.it un blocco di notizie era titolato: “La stampa li rende nervosi”. Alemanno, Bossi, Stracquadanio, Crosetto con le loro gesta stanno colorendo di nero la nostra derelitta nazione. Solo per un senso di responsabilità, e anche per amore verso questa terra (i miei figli parlano potentino stretto), ho evitato di far circolare tra i media nazionali l’infelice uscita di stampo razziale espressa dal segretario regionale Speranza che avrebbe avuto sicura visibilità. Ho capito il nervosismo, ma il capo della più grande comunità non può permettersi certe sbavature. Apprezzo anche il tuo emendamento a certe scivolate lette sull’Eco di Basilicata, peggiori di quelle di Speranza, ma non è questione di scuse. Sono invece allarmato e preoccupato per la rappresentazione pubblica espressa da un giovane dirigente e dai sui seguaci. Non per fatto personale. A futura memoria sulle bacheche dei social network resta scritta la cultura politica delle nuove leve che aspirano a sostituirvi, materiale utile ad una mappa di Ilvo Diamanti per comprendere certe mutazioni di chi ha scelto la politica come mestiere. Capisco che le Frattocchie non ci sono più, ma forse voi anziani dovreste dialogare meglio con i quadri intermedi. Non generalizzo. Sono tanti i giovani militanti che meritano rispetto per il loro impegno e non mi sfugge il dato che il partito esiste nel momento in cui ha avuto la capacità di stoppare iniziative estemporanee e paradossalmente antipolitiche. Perché noi abbiamo rispetto dei partiti, di tutti i partiti e della loro autonomia. Il Quotidiano della Basilicata non è un giornale-partito. Non ne ha la forza e la vocazione. E’ un giornale del Sud, frustrato nel non potere proporre la Basilicata come fatto nazionale, e che ha pochi punti certi di riferimento. La Costituzione, il meridionalismo, un piccolo pantheon genealogico che dal Mondo di Pannunzio arriva ai giornali di opinione che hanno costruito la migliore parte di questo sventurato paese. Ed ha una grande ricchezza. La libertà. Il mio editore legge in giornale la mattina del giorno dopo e non interviene mai su nessuno aspetto della produzione di notizie, commenti e gerarchie. Questo ingrediente è rivoluzionario e non ho bisogno di spiegarlo a nessuno. Purtroppo devo farti notare che ultimamente “Il Quotidiano vi rende nervosi”. I gravi fatti di Fenice, l’arroccamento dei dirigenti, i diritti del popolo inquinato e ingannato, una questione morale immorale ai tempi della crisi ha determinato una fase del giornale di critica serrata. In Basilicata per l’intera Seconda repubblica non c’è stata alternanza. Si è formato un Partito-regione (mi permetto di segnalare il mio copyright) in una regione dalle grandi potenzialità e che ha un’opinione pubblica molto gracile (anche per nostre pigrizie). Siamo stati spesso terzi. Ma non sempre. Penso all’impegno referendario. Ma anche al sostegno dato al giovane segretario che tante speranze aveva acceso in diversi e trasversali gruppi sociali, ma noi non siamo né una ditta, né un’azienda e quando le attese vengono meno bisogna cambiare. Quando il principale partito non si accorge che un imprenditore si uccide per la crisi o che i gruppi bancari emiliani ci rubano i risparmi di una vita la politica sta male. E’ malata. Si pensa troppo al potere e ai patrimoni personali. Non siamo i medici. Ma il nostro dovere è scegliere temi. I giornali raccontano fatti, notizie ed esprimono opinioni, che cambiano a seconda delle circostanze storiche (quindi non è vero che esiste vicinanza interessata di giornalisti a politici, o viceversa, ma solo corsi e ricorsi nei quali gli opinionisti pensano che certe politiche vadano nella giusta misura, e quindi appoggiate). Possiamo anche sbagliare, ma troverete sempre diritto di replica e scusa su qualche dettaglio inesatto. Ieri mattina avevamo chiesto un’intervista al presidente della Regione per spiegare il grave momento e come si sfarina la più grande maggioranza elettorale delle ultime regionali. Purtroppo nella sua fitta agenda non c’era spazio per noi fino a lunedì prossimo. Noi al massimo, questo facciamo, poniamo domande, magari scomode. Restiamo innamorati del nostro mestiere: giornalisti sempre e speriamo anche giornalisti – giornalisti che con tutto il rispetto per chi fa altro, è diverso da essere comunicatori o portavoce. Siamo un po’ antichi. Veniamo dal Novecento. Amiamo quel vecchio film con Humphrey Bogart nei panni di direttore che al manigoldo che cerca di fermare una campagna di stampa, nella scena finale fa sentire il rumore della rotativa al telefono dicendo: “E la stampa bellezza, e tu non ci puoi fare niente”, e siccome nel tuo partito non siete manigoldi (anche se qualche brutto ceffo gira) voi invece qualcosa potete fare, magari dialogare criticamente, per migliorarci reciprocamente nel nome dell’interesse generale. Pensateci tra un rimpasto e l’altro.

Leggi anche:
– La lettera di Folino: 312034Politia e media. Ognuno faccia la sua parte

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