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Sono «gravi gli indizi di colpevolezza» a carico delle quattro persone fermate nei giorni scorsi dai carabinieri – su mandato della Dda di Torino – con l’accusa di tentata estorsione nei confronti di due imprenditori valdostani.
A scriverlo sono i pm Daniela Isaia (della procura di Aosta) e Stefano Castellani (della Dda) nel decreto di fermo per indiziato di delitto, precisando che le azioni degli indagati sono «espressione di un unico progetto criminoso come dimostrato dal fatto che il telefono utilizzato per effettuare le telefonate delle vittime era lo stesso».
Proprio sulle utenze telefoniche dei ‘fermati’ – Giuseppe Facchinieri, di 51 anni, di Marzabotto (Bologna), i suoi cognati Giuseppe Chemi, di 51 anni, di Castel d’Aiano (Bologna) e Roberto Raffa, di 36 anni, di Aosta, e Michele Raso, di 49 anni, di Cinquefrondi (Reggio Calabria) – si è concentrata l’attività investigativa dei carabinieri.
A rendere più complessi gli accertamenti è stato il fatto che le schede utilizzate dai quattro risultano intestate ad una decina di cittadini romeni residenti in Calabria e risultati estranei ai fatti. Solo incrociando numeri e telefoni è stato quindi possibile attribuire con certezza le chiamate agli indagati. Gli inquirenti hanno anche disposto un accertamento fonico sulla voce di Facchinieri registrata in una telefonata a Giuseppe Tropiano, uno dei due imprenditori vittime della tentata estorsione. Il consulente ha concluso la perizia con un giudizio di «non esclusione».

INDAGINI ed INTERCETTAZIONI
«Non posso venire lì. Non ha capito allora. Non è che posso venire a prendermi un caffè in ufficio. Sono un sorvegliato speciale». Così il sedicente avvocato Silente rispondeva al telefono alla richiesta di spiegazioni dell’imprenditore aostano Giuseppe Tropiano, a cui lo stesso aveva indirizzato quattro lettere al fine di estorcergli denaro (il 3% del maxi appalto per la ristrutturazione e trasformazione dell’ex residence Mont Blanc di Aosta).
È quanto si legge in un’intercettazione telefonica inserita nel decreto di fermo per indiziato di delitto, nei confronti dei quattro personaggi legati alla criminalità organizzata calabrese.
Spedite da Bologna a maggio, luglio, settembre e dicembre 2011, le missive – la seconda ‘corredata’ da due proiettili – sono tutte dello stesso tenore e sono sempre state seguite da telefonate «per assicurarsi che siano state recapitate e che il messaggio sia stato compreso, oltre che per sondare le intenzioni della vittima».
Tropiano aveva denunciato di aver ricevuto tali minacce il 23 agosto scorso in Questura. Autori delle lettere – si legge nei capi di imputazione – sono Giuseppe Facchinieri, di 51 anni, di Marzabotto (Bologna), i suoi cognati Giuseppe Chemi, di 51 anni, di Castel d’Aiano (Bologna) e Roberto Raffa, di 36 anni, di Aosta, e Michele Raso, di 49 anni, di Cinquefrondi (Reggio Calabria), tutti sottoposti a fermo giudiziario.
Facchinieri, Chemi e Raffa sono anche accusati in concorso di “aver esploso o aver fatto esplodere due colpi di imprecisata arma da fuoco calibro 12 contro l’abitazione della moglie del fratello di Tropiano». I reati estorsivi sono stati commessi – si legge nel decreto – «mediante ricorso a sistematiche minacce tali da ingenerare un clima di intimidazione e omertà, ingenerando nelle vittime la convinzione che la minaccia provenisse da un gruppo delinquenziale organizzato di stampo mafioso».
Inoltre Facchinieri e Chemi come mandanti e Raffa come esecutore sono accusati di «aver appiccato il fuoco ad una pala meccanica Vernieri n.635, di proprietà della Archeos, l’11 settembre scorso a Quart». Era seguita una telefonata al titolare dell’impresa, Luigi Monteleone (i carabinieri hanno accertato che il gruppo utilizzava vari telefoni e numerose schede per evitare di essere individuato): «ascolti un attimo…io vi volevo chiedere…se voi volete lavorare da adesso in poi…dovete pagare avete capito? allora vi dico una cosa: non vi rivolgete a persone che ritenete ‘ndranghetisti, insomma persone dell’ambiente, perchè perdete tempo».
Per entrambi i tentativi di estorsione i pm ritengono si tratti di «atti diretti in modo non equivoco a procurarsi un ingiusto profitto con relativo danno per Giuseppe Tropiano e Luigi Monteleone non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla loro volontà», ovvero l’intervento delle forze dell’ordine.

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