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POTENZA – Negli annunci sottolineavano «la professionalità e l’indiscussa serietà e moralità» delle ragazze. In coda rispedivano al mittente «nella maniera più assoluta qualsiasi proposta o richiesta intesa a eludere l’aspetto artistico dei servizi offerti», che erano del tipo lap dance, spogliarelli e sexy animazione per feste e addii al celibato. Chiunque fosse stato interessato a «servizi non inerenti» era pregato di astenersi. Solo a parole però. Perchè nei fatti, invece, quei «servizi non inerenti» se ne facevano eccome, per tutti i gusti e le occasioni.
Con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione martedì sera Salvatore Pilin, operaio 38enne originario di Bari, Maria Antonietta Sabia, anche lei operaia di 39 anni, e Annalisa Carbonara, disoccupata 21enne, tutti e tre domiciliati a Lavello, sono stati raggiunti da un’ordinanza del gip di Melfi che ha disposto nei loro confronti la misura cautelare dell’obbligo di dimora. La decisione è arrivata per stroncare un giro d’affari che la scorsa estate avrebbe sfiorato i 15mila euro al mese.
«Venivano organizzati anche 6 appuntamenti alla settimana»: ha spiegato Vincenzo Varriale, comandante della compagnia carabinieri di Venosa, che ha seguito da vicino le indagini del nucleo operativo radiomobile guidato dal luogotenente Salvatore Santoro. Per Antonio Milone, comandante del Reparto operativo, quella scoperta a Lavello negli ultimi tempi era diventata a tutti gli effetti «un’industria della prostituzione». Di fatto a parte le misure personali per i tre indagati sempre durante la giornata di martedì sono scattati i sigilli anche per la ditta individuale di Maria Antonietta Sabia, sette diversi siti internet che servivano per pubblicizzare i «servizi» ad alto contenuto erotico e due linee di credito utilizzate per ricevere gli acconti sui pagamenti. Durante le perquisizioni effettuate sempre martedì sera gli investigatori ritengono di aver raccolto ulteriori elementi che dimostrerebbero la reale natura delle attività che venivano organizzate dalla “Divina Agency”, questo il nome della ditta di Maria Antonietta Sabia: abbigliamento di scena (completini da infermiera, poliziotta e travestimenti vari); materiale pubblicitario; numerose confezioni di condom; voluminosi giocattoli erotici; una quantità di sim card intestate a dei prestanome; schede coi dati delle ragazze utilizzate; oltre a un archivio pornografico di tutto rispetto. Proprio su quest’ultimo i militari sembrano intenzionati a proseguire le indagini perchè vi avrebbero trovato le riprese di numerosi incontri organizzati al costo medio di 500 euro cadauno, tanto bisognava pagare per un addio al celibato di tutto rispetto, mentre alla prostituta per le sue prestazioni sessuali non ne sarebbero andati più di 100.
In pratica il margine di guadagno sarebbe statodi tutto rispetto, anche al netto delle spese per l’affitto di un locale (la banda aveva agganci anche in Calabria, Campania e Puglia), quando il “servizio” non veniva offerto direttamente a domicilio del cliente, oppure in un immobile a Lavello che per l’occasione sarebbe stato adibito a privè.
Quando poi non c’erano ragazze “del mestiere” disponibili per la serata gli investigatori hanno accertato che anche le due socie della “Divana Agency” si sarebbero messe a disposizione.
A far scattare l’indagine sarebbe stata una segnalazione confidenziale raccolta dai militari, che sul punto non hanno inteso aggiungere altro. Probabilmente mogli e fidanzate a dir poco indispettite da quell’andazzo. In realtà l’offerta di servizi a luci rosse della “Divina Agency” comprendeva pacchetti anche di addii al nubilato, non solo quelli più noti per i maschietti. Soltanto che nell’arco di tempo in cui gli investigatori hanno registrato tutto quello che accadeva attorno a quella piccola banda di imprenditori dell’hard-core di casi di prostituzione maschile non ne è venuto a galla nemmeno uno.

Leo Amato

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