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Il matrimonio, si sa, è un atto personalissimo: va quindi compiuto personalmente dagli sposi che non possono farsi rappresentare. Tuttavia, la legge in alcuni casi tassativamente indicati ammette il matrimonio per procura. È consentito in tempo di guerra ai militari. La celebrazione per procura è inoltre consentita in ogni tempo quando uno degli sposi risiede all’estero e concorrono gravi motivi. Fu avvalendosi di questa formula che molte ragazze calabresi andarono in sposa, fino agli anni ’60, a corregionali emigrati. La storia di Giovanna Nicolò di Fossato Ionico (Comune di Montebello) è molto struggente. Ci è stata raccontata dalla nipote Marina Nicolò. Negli anni del dopoguerra gli abitanti di Fossato, centro preaspromontano, si trovavano in condizioni di vita molto grame. Nelle abitazioni mancavano aspetti elementari quali acqua, luce, servizi igienici.

 

 

 

Il cuore di Maria Cuzzucoli,  moglie di “Lisciandru Niculò”,  palpitava al pensiero di fare crescere i suoi cinque figli maschi e le due femmine in quell’ambiente povero e tristemente ricco di fame e sofferenze. La donna aveva acquisito la licenza elementare  (di quei tempi era cosa grande). Sapendo leggere e scrivere aveva maggiore consapevolezza e cercava il meglio per i suoi figli.  La nuova terra faceva nutrire grandi speranze per un futuro migliore. Era la meta, vista come una terra promessa dai più. America terra di speranza e fonte di possibili ricchezze. Mastro Cirivillino, con il suo vestito sempre uguale per i giorni lavorativi e per le feste, si portò a casa dei Nicolò, con una fotografia in tasca.  Toc toc toc: “Cu è?  Cummari Maria,  sugnu eu,  Cirivillinu. E chi bbuliti a chistura? Vi ajiu ‘a fari ‘na ‘mbasciata. Trasiti, trasiti. Chi è? Comare Maria sono io, Cirivillino. E cosa volete a quest’ora? Vi devo dare una notizia. Entrate, entrate”.

 

Cirivillino, uomo minuto e di poco conto,  con disinvoltura estrasse dal taschino la fotografia  e  con un sorriso stampato sul viso chiese con garbo  a comare Maria di osservarla. Chi  c’era nella foto?  Anzi, chi era? Maria Cuzzucoli allargò le pupille e anche il sorriso fu segno distintivo del piacevole osservare il personaggio della fotografia. Mastro Cirivillino aveva colpito nel segno e se ne rendeva conto. Subito scaltramente seppe sfruttare la situazione a suo vantaggio. La donna chiese tempo per riflettere e l’uomo si congedò ribadendo la necessità di una risposta immediata per quel “combinamento” . Quella notte l’animo della signora fu un turbinìo di emozioni, angosce, paure verso l’ignoto, ma assunse una coraggiosa decisione, nella convinzione di  agire nel giusto.

 

Quella sera il destino di tante vite si incrociò, si legò, si spezzò. Il dado era tratto. La sera dopo, attorno al focolare, si discusse riflettendo e alla fine si decise. 

 

Cirivillino non era altro che un agente matrimoniale, come diremmo oggi. La foto che aveva mostrato a comare Maria  era di un suo aitante nipote che viveva in Australia. La figlia da sposare era Giovanna.

 

Quando Giovanna vide la foto non negò la bellezza del giovane della foto: biondo, occhi azzurri e magro, ma sentiva in cuor suo che c’era qualcosa che non andava. A quei tempi i matrimoni erano combinati, si dovevano accettare per come proposti dai genitori. Le repliche non servivano a nulla.

 

Il fuoco nel focolaio si spense, tutti andarono a dormire ma gli occhi neri, belli e profondi di Giovanna rimasero spalancati nel buio della notte, fin quando all’alba, arrossati e gonfi per il troppo pianto,  si chiusero cedendo ad un sonno ribelle ed inquieto. Poche ore di sonno, si alzò  e subito la ragazza bella, mora e  alta  si affaccendò nei mestieri domestici. Quando Maria rincasò, la ragazza cercò ancora una volta di persuaderla per  non farla sposare né partire per una terra tanto lontana. La madre, elencando varie ragioni, rimase ferma sulla sua decisione ed allora Giovanna disse in modo perentorio: “Bada Bene Maria i Lisciandru, io ci vado in Australia, ma se l’uomo che è nella fotografia non corrisponde a verità non tornerò più nemmeno quando tu e mio padre cesserete di vivere”.  

 

Presto si organizzò il matrimonio e sull’altare, al posto dell’aitante giovane, al fianco di Giovanna salì Cirivillino, zio dello sposo e dotato di procura. Appena sposata dovette imbarcarsi per l’Australia. Il viaggio durò circa un mese, via mare su un bastimento.

 

Tre suoni di sirena indicarono terra e lei stringendo forte  forte  al petto la fotografia, unica fonte di riconoscimento del  marito, trascinava quello strano presentimento che la pervadeva e la tormentava, sperando in cuor suo che non fosse ciò che lei temeva. Sola, lontana da tutti  e da tutto.  Più si avvicinavano alla costa e più il cuore le batteva all’impazzata, le gambe le tremavano e  si sentiva mancare il respiro. La nave attraccò.  Il ponte levatoio fu abbassato  ed i passeggeri cominciarono a sbarcare esausti dal lungo viaggio oceanico. Anche Giovanna sbarcò con la sua dote: un baule con della biancheria per la sua futura casa ed una valigia con 4 vestiti cuciti dalla sarta per l’occorrenza.

 

Un uomo basso, bruno e tozzo sventolava un cartello con su scritto: LA SIGNORA MOGLIE GIOVANNA NICOLO’.

 

La giovane sposa lo lesse e con un sorriso beffardo e gelido, alzando gli occhi al cielo, strinse forte forte la foto.  

Da quel giorno ancora si attende il suo ritorno in paese.

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