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C’E’ Nicola Femia, conosciuto anche come “Rocco” e ritenuto un importante boss ‘ndranghetista al vertice dell’organizzazione smantellata dalla Gdf, coordinata dalla Dda di Bologna, che faceva profitti con il gioco illegale on line e con le videoslot manomesse. Oltre alle 29 ordinanze di custodia cautelare, 19 delle quali in carcere, emesse dal Gip Bruno Perla, sono 150 le persone indagate e altrettante le perquisizioni tra Milano, Roma, Ravenna, Napoli, Reggio Calabria, Cosenza, Torino, Asti, Biella, Bergamo, Macerata, Teramo, Potenza, Modena, Parma, Brescia, Cagliari, Palermo, Messina, Lucca, Benevento, Treviso, Vicenza e Viterbo.   Tra gli arrestati, oltre ai due figli di Femia, Rocco Maria Nicola e Guendalina, e il genero Gianalberto Campagna, vi sono un sottufficiale della Finanza di Lugo di Romagna, un altro ex militare sempre della Gdf e un ex ispettore della polizia di stato, accusati di dare informazioni ‘dall’internò all’organizzazione criminale.

LA DENUNCIA DEL MAROCCHINO – L’indagine (denominata ‘Black Monkey’) partì nel 2010 grazie alla denuncia di un operaio marocchino (residente a Bologna) vittima di un’estorsione ed un sequestro di persona (fu preso di forza e caricato in auto) ad opera di persone riconducibili al sodalizio criminale. Figura chiave nell’inchiesta della Procura e delle fiamme gialle è il Femia, (pregiudicato per diversi reati tra cui traffico internazionale di stupefacenti e armi) originario di Marina di Gioiosa Jonica ma trasferito dal 2002 a Sant’Agata sul Santerno (Ravenna) per scontare un provvedimento di obbligo di firma presso la polizia giudiziaria. 

Il calabrese proprio in Emilia Romagna, questa la ricostruzione dell’accusa, avrebbe costituito la base operativa dell’associazione, attribuendo un ruolo di rilievo ai due figli (entrambi arrestati) e creando importanti ramificazioni in Italia e all’estero (Gran Bretagna e Romania). Di assoluto rilievo il giro di affari emerso dal gioco on line illecito. Lo testimoniano i numeri dell’operazione. Beni sequestrati per 90 milioni di euro tra tutti i membri del gruppo.

IL MECCANISMO DELL’ORGANIZZAZIONE –  Nel corso dell’attività investigativa è emerso che l’associazione a delinquere era dedita alla promozione e alla gestione del gioco on line illegale attraverso la connessione a siti esteri, generalmente di diritto rumeno o britannico. Questo consentiva di non pagare il prelievo erariale unico (il 12% sul volume delle giocate) previsto dalla normativa italiana e, quindi, di evadere le tasse. Inoltre, il sodalizio era solito produrre e commercializzare video slot con schede di gioco illegalmente modificate per occultare allo Stato gli illeciti guadagni. Diverse, hanno spiegato investigatori ed inquirenti durante una conferenza stampa, sono state le estorsioni nella maggior parte dei casi ai danni di soggetti debitori con cui «Rocco» intratteneva rapporti commerciali. Le minacce venivano poi messe in atto con metodi di stampo mafioso. Le fiamme gialle hanno anche accertato il ricorso sistematico all’intestazione fittizia di società, beni immobili e mobili, al fine di occultare il patrimonio accumulato e preservarlo dall’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale alle quali il Femia risultava sottoponibile. Tra gli arrestati un sottoufficiale della Guardia di Finanza di Lugo (Ravenna) accusato di aver rivelato al Femia particolari sulle indagini a suo carico. Misure cautelari anche per un ex finanziere a ReggioCalabria (avrebbe ricoperto un ruolo nell’intestazione fittizia dei beni riconducibili al sodalizio) e per un ex ispettore di polizia presso la Questura di Reggio Calabria che avrebbe eseguito verifiche non consentite ai terminali delle forze dell’ordine per ottenere informazioni sulle indagini.

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