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POTENZA – Conosceva la vittima che la sera dello scorso 28 aprile gli aveva confidato di attraversare «un brutto periodo» e di avere «bisogno di una benedizione particolare», ma è arrivato l’assassino e li ha interrotti. Poi non c’è stato più tempo. C’è anche un sacerdote tra i testimoni dell’inchiesta sull’omicidio di Donato Abruzzese l’imprenditore 44enne trucidato davanti casa sua all’una del mattino del 29 aprile.

Si tratta del segretario del vescovo di Acerenza, Nicola Moles 41enne originario di Tolve, soltanto omonimo del parroco emerito 77enne del paese. Qualche ora prima della sparatoria si trovava nel ristorante dove si è consumata l’ultima cena del “presidente”. Questo era il soprannome di Abruzzese, che da titolare di un circolo ricreativo molto affollato nel quartiere di Poggio Tre Galli si era specializzato nella distibuzione di macchinette da videopoker.

A indicarlo agli investigatori della sezione anticrimine della mobile di Potenza diretti dal vicequestore Carlo Pagano è stato un suo amico il giorno stesso del delitto. «Siamo andati al Singapore dove abbiamo mangiato qualcosa e guardato il secondo tempo della partita». Questo il verbale finito nel fascicolo del pm Francesco Basentini. «Verso la fine si è unito a noi tale Don Nicola Moles, parroco segretario del vescovo di Acerenza e un’altra persona che non ho capito come si chiamava. Don Nicola Moles mi è sembrato in ottimi rapporti di conoscenza con Abruzzese col quale si è messo a parlare del più e del meno. Poi mentre stavamo discutendo è arrivato Dorino Stefanutti in compagnia di due persone di circa 40-45 anni, una delle quali di corporatura normale senza capelli (…) si è seduto al tavolo è ha iniziato a parlare con il prete al quale si è presentato. Nel mentre ha iniziato a bere un prosecco che in verità ha offerto a tutti noi. Dopo un po’ io, Abruzzese e Franco (Siesto, ndr )siamo andati via e Stefanutti e i suoi amici sono rimasti a conversare con il prete e il suo amico nel locale».

Ma cosa ci faceva Don Nicola Moles in uno dei ristoranti più esclusivi di Potenza in compagnia di un pluripregiudicato come Dorino Stefanutti, ex pugile a lungo considerato il braccio destro del boss Renato Martorano, in carcere dal 2008 a regime di 41bis con l’accusa di usura e aggravata dal metodo mafioso. Niente fa pensare che lo conoscesse prima delle presentazioni di quella sera, come pure gli altri seduti al tavolo, a differenza di Abruzzese che aveva incontrato «due o tre anni fa in quanto gestore di un bar qui a Potenza». Agli investigatori della mobile Don Nicola ha raccontato di essere andato al ristorante dopo aver cenato con un amico per prendere un caffè. Una volta entrati l’imprenditore li avrebbe invitati a sedersi al suo tavolo dove c’era anche il proprietario del locale offrendo a tutti del prosecco e si sono messi a parlare. «Mi ha detto che stava attraversando un brutto periodo e che aveva bisogno di una benedizione particolare per questo mi ha dato il suo numero di telefono ****** facendo uno squillo sul mio che si è memorizzato. L’intesa era di sentirci e di vederci prossimamente anche con un incontro conviviale. Non ho potuto approfondire le ragioni delle preoccupazioni che mi manifestava in quanto c’era altra gente». Quindi è arrivato Stefanutti. «E’ stato salutato immediatamente da tutti che si sono anche alzati dal posto in cui erano seduti. Anche a lui e ai suoi amici è stato offerto del prosecco e sono stati invitati a sedersi con noi (…) Si è seduto vicino a me e ha iniziato a parlare di discorsi riguardanti la chiesa la povertà e altro. Mi è sembrato durante la conversazione che avesse già bevuto dell’alcool prima».

Dopo l’omicidio il sacerdote ha raccontato di aver saputo la notizia dall’amico con cui era uscito la sera prima. «Avevo pensato di venire in Questura per rappresentare quello che avevo fatto la sera precedente ma poi, preso dagli impegni parrocchiali mi sono dimenticato e non sono più venuto». Il tempo dei brindisi e delle benedizioni era già finito. 

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