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REGGIO CALABRIA – Operazione della Direzione investigativa antimafia di Roma che ha arrestato nella Capitale il pregiudicato Alessandro Mazzullo, nato a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria legato alla cosca calabrese dei “Gallico”, e dato esecuzione all’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere emessa nei suoi confronti nel mese di gennaio scorso. Arrestata anche una cittadina moldava di 29 anni, che viaggiava con lui, e residente a Roma, con l’accusa di favoreggiamento e di ricettazione dell’autovettura in suo possesso, sulla quale i due sono stati bloccati. 

Mazzullo, che era riuscito a sottrarsi alla cattura qualche mese fa, quando furono tratti in arresto – per gli stessi reati – Francesco Frisina e Carmine Saccà, è ritenuto responsabile di “trasferimento fraudolento di beni”, aggravato dal metodo mafioso insieme ad altri 6 “prestanome” che avevano concorso nell’attività delittuosa e ne rispondono in stato di libertà. In aggiunta al provvedimento restrittivo, il giudice aveva anche disposto il sequestro preventivo di numerosi beni (oltre una ventina di fabbricati tra Palmi e Roma, più di una cinquantina di appezzamenti di terreno in provincia di Reggio Calabria, una trentina di conti correnti bancari/postali e diverse partecipazioni societarie) per un valore complessivo superiore a 20 milioni di euro. Con l’ultimo arresto di Mazzullo, l’operazione – che è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma – ha fatto emergere l’esistenza di un progetto di infiltrazione nella realtà economico-finanziaria della Capitale tramite il reinvestimento di cospicue somme di denaro di provenienza illecita. In particolare, con l’ausilio di prestanome, familiari e non, e attraverso l’indispensabile aiuto di un agente immobiliare romano (indagato in stato di libertà), il gruppo aveva acquisito noti locali commerciali della Capitale e svariati immobili e terreni tra Roma e la provincia di Reggio Calabria. In particolare, l’attività investigativa svolta ha permesso di appurare che gli indagati avevano creato un “sistema” per reinvestire a Roma i proventi illeciti delle attività delittuose della loro cosca di appartenenza.
Il sistema, ideato grazie alla collaborazione offerta da professionisti del settore, prevedeva, l’acquisto di esercizi commerciali da porre come garanzia per le successive acquisizioni nel campo della ristorazione. Parte dei ricavi illeciti si ritiene siano stati reinvestiti nell’acquisto di tre unità immobiliari in via Boccea , dal valore di circa 500mila euro l’una, che i principali indagati (Frisina e Saccà) hanno intestato fittiziamente a loro familiari e parenti per eludere eventuali misure patrimoniali nei loro riguardi. Dal 2008 il gruppo ha concluso varie operazioni di acquisto e cessioni di società nel settore della ristorazione, palesemente fittizie in quanto intestate a terzi prestanomi (indagati in stato di libertà), acquistate per un valore di gran lunga inferiore a quello di mercato, al fine di “coprire” i loro investimenti illeciti, considerando che hanno ad oggetto attività commerciali situate nelle zone tra le più pregiate di questo centro cittadino, tra cui le principali sottoposte a sequestro sono: – la società “Colonna antonina 2004 SRL”, intestata a Maria Antonia Saccà e Grazia Rugolo, di fatto di proprietà dei mariti Frisina e Saccà, società già titolare del noto bar “Chigi” sito nell’omonima via e sottoposto a sequestro preventivo dal Centro Operativo DIA di Roma nel luglio 2011; Nel mirino anche il Bar “Antiche Mure” in via Leone IV, della società “MACC4 SRL”, intestata a Maria Antonia Saccà, Alessandro Mzzullo e Claudio Palmisano, di fatto di proprietà di Francesco Frisina.
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