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POTENZA – Due date: 24 aprile, 27 luglio. In mezzo tre mesi. Due date fondamentali per il Partito democratico lucano, per il centrosinistra regionale e per l’ente Regione. La prima è quella delle dimissioni del presidente della giunta Vito De Filippo subito dopo la notizia delle indagini della magistratura sui rimborsi truccati dai consiglieri regionali che ha aperto la strada per le elezioni anticipate i metà novembre prossimo. La seconda è domani; si svolge la Direzione regionale del Pd di Basilicata. In mezzo è accaduto di tutto, ma anche quasi niente. Cioè: da un lato è iniziata la guerra intestina per i posizionamenti in vista delle regionali e quindi ci sono stati faccia a faccia, incontri riservati, veleni e polemiche. Ma di fatto tutto questo non ha portato a nessuna decisione e a nessun accordo. L’agitazione interna al maggior partito della coalizione sarà anche arrivata alle stelle e di manovre ce ne saranno state anche a decina, ma all’esterno la percezione è quella di una gran confusione e di un inutile immobilismo tattico. Per questo le due date vanno unite. Dalla Direzione del Pd deve uscire una sintesi di quello che è accaduto per ripartire. Va fatto il punto. Sia chiaro nessuno si aspetta che sabato sera tutto diventi all’improvviso sereno con la conclusione dei lavori tra abbracci e baci.

Ma è chiaro che l’appuntamento è fondamentale. Tre le questioni in campo. La prima è quella delle Primarie. Roberto Speranza le ha annunciate. Ora in Direzione dovranno uscire indicazioni di metodo e di tempo. Insomma quando e come? Le settimane volano e se Primarie saranno si deve mettere in moto la macchina organizzativa.

L’altro tema è quello del perimetro della coalizione. Un aspetto fondamentale ma che finora è stato non solo sottovalutato ma addirittura snobbato. Eppure non si capiscono nemmeno i confini: da Scelta civica a Pdci – Prc o un pò meno a centro e un pò meno a sinistra? Intanto i possibili alleati iniziano a spazientirsi: ieri a stretto giro ci sono state le parole di Nicola Benedetto del Centro democratico e di Antonio Giansanti del Psi che chiedono chiarezza e atteggiamenti più costruttivi. Eppure il Psi e il Centro democratico dovrebbero essere tra gli alleati garantiti.

Il terzo tema è quello di cosa fare e come recuperare credito con l’opinione pubblica. Fuori dal “palazzo” il clima di fiducia è gelido. E’ ancora caldo l’appello di cento sindacalisti che chiedono risposte. Per il momento il Pd tace eppure il documento è di quelli importanti e in senso plastico rappresenta opinioni e fette di elettorato a cui il centrosinistra non può rinunciare. L’unico a prendere la parola è stato Piero Lacorazza con i 140 caratteri di Twitter: «E’ utile allargare e rafforzare il confronto su lavoro ed economia per un nuovo patto sociale». Per il resto regna il silenzio e l’imbarazzo. Anche agli appelli del mondo cattolico si continua a fare spallucce. La Direzione deve farsi carico di tutto questo. Almeno di questo.

Perchè è chiaro che ci sono nodi (anche più complicati) che non riguardano la Direzione del Pd che ha comunque in indirizzo politico. Quelli vanno affrontati e risolti, in altre sedi magari più riservate, ma vanno affrontati. Risolti sarà più complesso. I nodi sono tanti. C’è la questione degli indagati di rimborsopoli. Sono ricandidabili? Da garantista la risposta è senz’altro sì. Ma va spiegato ai cittadini. Perchè poi sono loro che votano. E poi ancora De Filippo sosterra Marcello Pittella anche se imputato per la vicenda per cui il 24 aprile di è dimesso? Cosa è cambiato? E ancora: Ignazio Petrone riuscirà a dimettersi dalla Sel anche se non otterrà garanzie per il suo futuro da consigliere regionale? La legge sull’incompatibilità non consente a chi è stato amministratore di essere rinominato per i successivi due anni nel cda di un ente pubblico a meno che lo stesso non debba essere nominato ma confermato. Quindi Petrone è combattuto: se si dimette dalla Sel non gli rimane che ritentare la fortuna da consigliere regionale se invece resiste alla Sel può aspirare alla riconferma ma la legge gli impone una scelta entro qualche giorno.

Altri due nodi riguardano il presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza e il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero. La loro candidatura alle regionali (da presidente o da consigliere fa poca differenza) porterebbe le due amministrazioni a una chiusura di consiliatura in mano ai vice. In questo momento il vice sindaco è Campagna non del Pd. Il vice alla Provincia è Macchia nemmeno del Pd. Ma il Partito democratico in questi casi vede lungo: già si parla di una sostituzione volante a favore di due esponenti del Partito democratico e già sono cominciate le “battaglie”. In particolare alla Provincia si fa il nome di Valluzzi che potrebbe subentrare a Macchia. Ma anche Valluzzi è uomo vicino a un area precisa del Pd. La cosa è già oggetto di polemiche tanto più che il vice presidente della Provincia qualora il governo nazionale dovesse cancellare le province si troverebbe a svolgere anche il ruolo di comissario liquididatore. Insomma di questione ce ne sono e tante. Come il famoso listino di cui nessuno parla ma a cui in tanti aspirano.

Tutte questione che vanno affrontate si diceva per non rischiare l’implosione.

s.santoro@luedi.it

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