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MATERA – “Il problema non è la Movida. Il problema è che bisogna, una volta per tutte, mettersi d’accordo su che cosa deve essere questa città. Si vuole puntare risolutamente sullo sviluppo del turismo? E allora si creino servizi e infrastrutture adeguate. Si regolamenti in modo chiaro l’accesso alle ztl, e soprattutto le si facciano rispettare.  Oppure si vuol promuovere l’insediamento nei Sassi, e farne un quartiere urbano di qualità? In questo caso si regolino di conseguenza. L’importante è che ci si decida”.  Giovanni Moliterni, titolare della Libreria dell’Arco, storico centro di aggregazione culturale della città, non è soltanto un attento osservatore dei fenomeni di costume materani, ma è uno che la cosiddetta Movida la conosce bene. Vuoi perché la sua libreria si trova in via Ridola, uno degli snodi principali dei flussi turistici e della vita notturna locale,  vuoi, soprattutto, perché abita proprio di fronte a uno dei locali più frequentati della città, la Focagna di Alessandro e Francesca Sanantonio. “Dalla finestra della mia camera da letto posso comunicare, senza dover alzare la voce, con i ragazzi del bar. Se volessi, potrei prender nota delle ordinazioni. Ascolto la loro musica e qualche volta cerco di imporre la mia. Uno scontro di generi (io ascolto Bach, loro non so) in cui, ovviamente, non posso avere la meglio. Questione di decibel, appunto.  E tuttavia, per quanto mi riguarda – dice – problemi non ce ne sono. Basta stabilire un minimo di regole di convivenza. Sì, il vocio. Ci si abitua. Rientrano nella normalità di una città che per un mese l’anno vive di turismo all’aperto. Piuttosto non tollero che i locali trasformino gli spazi pubblici loro assegnati in territorio privato. Che una passeggiata via Ridola si trasformi in una gimkana a causa delle barriere innalzate dagli esercenti. Le strade e le piazze appartengono anche ai cittadini, che diamine. Ma la colpa non è dei proprietari dei locali. E’ all’amministrazione che spetta dettare le regole, stabilire criteri pratici ed estetici”.

Secondo Moliterni il problema della Movida nasce, come si diceva all’inizio, da un equivoco di fondo. “Per cinquant’anni è stata portata avanti l’idea, sostenuta da sociologi e urbanisti,che i Sassi andassero destinati alle abitazioni private, così come prevedeva la legge 771. Ma poi che cosa è successo? Che molti di coloro ai quali erano state assegnate le case (ristrutturate con soldi avuti dallo Stato) hanno trasformato i nuovi appartamenti in bed and breakfast e in strutture per l’accoglienza. Oppure le fittano. Il risultato? D’inverno i Sassi sono un luogo triste e semiabbandonato. D’estate, invece, c’è il pienone. In questo modo si è finito  per assecondare la crescita turistica dell’area, senza darsi un vero  piano e  senza pensare alle conseguenze che ne sarebbero derivate. La movida è una di queste”. 

“Adesso pensano di intervenire, dopo le lamentele di qualche cittadino influente, alzando un po’ la voce. Ma come si fa a dire a due ragazzi di 30 anni, i quali hanno investito i loro quattro soldi in un bar o in un ristorante: “datevi una regolata”? Sì, questi ultimi dovrebbero comprendere che ci sono dei limiti che vanno rispettati, come in qualsiasi consesso civile. Ma è l’Amministrazione a dover creare un contesto nel quale commercianti, cittadini e turisti si sentano invogliati a rispettare le regole. Le faccio un esempio. Se, lì dove mancava, si mette un bidone per l’immondizia un cittadino su due si sente invogliato a depositarvi una cartaccia. Ma se il bidone non c’è è probabile che entrambi i cittadini la la buttino per terra”.

a. g.

 

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