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di MARIATERESA LABANCA
VIGGIANO – Il viaggio del Quotidiano nella valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il Centro Oli alle spalle e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a Villa d’Agri per respirare un’altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di vario genere, il traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono pieni, a ora di pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande realtà, ma anche questo piccolo paragone esalta le differenze. La sensazione è che da queste parti l’economia locale giri un po’ meglio rispetto al paese che ospita il Centro Oli. Molto probabilmente  è anche lo stesso personale Eni a fare più riferimento a questo comune che è altrettanto a portata di mano rispetto alla zona industriale. Ma – ci dicono – è soprattutto grazie a dipendenti  e utenti di ospedale e banche – oltre che al migliore posizionamento geografico – che in giro c’è più movimento. Il polo dei servizi, almeno in superficie, sembra aver portato effetti più immediati sul tessuto economico locale rispetto al petrolio. Per carità, l’ingente quantità di danaro che l’oro nero ha portato nelle casse del Comune di Viggiano non è neanche lontanamente comparabile al benessere derivante da qualche attività commerciale e dagli uffici. Ma nel paese della Madonna nera e dei piccoli suonatori di Arpa, le giornate sono scandite dallo stesso ritmo di un qualsiasi altro paesino dell’entroterra lucano. La ricchezza puoi vederla nei numer,i ma non toccarla. Anche le grandi opere che il primo cittadino Giuseppe Alberti rivendica con orgoglio, anche se la gran parte ancora in via di realizzazione, non hanno ancora regalato a Viggiano il volto del paese più pagato in Italia dalla compagnie del petrolio. In giro per i vicoli del centro realtà  ci sono anche due giovani informatori Eni che si stupiscono per una comune che in fondo non ha nulla di particolarmente diverso rispetto a tanti altri.  Nonostante i bandi dell’amministrazione comunale finanziati dalle compensazioni economiche che derivano dalle estrazioni, che prevedono agevolazioni per l’imprenditoria e l’artigianato locale, i negozi sono pochi e non particolarmente forniti. 
A Viggiano, poco più di tre mila abitanti per 21 pozzi di petrolio, non c’è nemmeno un forno. In compenso ci sono ben 25 associazioni. Un popolo particolarmente attivo. O semplicemente molto interessato ai contributi elargiti dal Comune per questo tipo di attività che non comportano alcun tipo di rischio imprenditoriale. In paese si respira con un legame con le tradizioni molto forte. Come suggerisce il simbolo dell’arpa disegnato sulle vetrine di diversi negozi del centro e non solo. L’elemento più moderno è rappresentato dall’ascensore che dal piazzale del Municipio porta ai parcheggi. Un paio di bar nella piazzetta sono affollati soprattutto da gente del posto. Di dirigenti Eni neanche l’ombra. Ma ci dicono che alcuni di loro abitano sul posto. Una zona residenziale che si distingue per le case spaziose e ben tenute con giardino e ottimi arredi. 
Anche il centro del paese si presenta ordinato e ben tenuto. Anche se ci sono molti cantieri aperti. Il centro storico ha qualche pecca, nonostante i soldi del terremoto prima e quelli del petrolio dopo. Molto probabilmente – come dice il sindaco Alberti – quando il grosso dei lavori pubblici sarà completato Viggiano avrà un altro aspetto. Se questo riuscirà a mettere in moto un circuito economico differente e parallelo alle attività estrattive non è da vedere. Fino a ora, però l’impresa non è riuscita. Ma sarebbe un errore pensare che lacune o i ritardi siano addebitabili solo all’amministrazione comunale. Viggiano è sostanzialmente un paese lasciato solo a gestire una ricchezza impensabile per un comune di quelle dimensioni. Dice bene il sindaco Alberti quando sottolinea che ci sarebbe bisogno di una regia più ampia per programmare le politiche di un’intera valle. Uno sviluppo che invece ancora oggi è ostaggio della latitanza istituzionale, o nel migliore dei casi, dell’accavallamento di competenze di un modello gestionale che fa acqua da tutti le parti. E lì dove anche solo il buon senso basterebbe a guidare la buona azione bisogna fare inevitabilmente i conti con ostacoli squisitamente “burocratici”. Come la differenza di “giurisdizione” per le aziende dell’area: che pur distando pochi metri l’una dall’altra ricadono chi nel comune di Viggiano, chi nel comune di Grumento, con le conseguenti diversità di trattamento e di opportunità. Un caso per tutti che dice una cosa: se è vero come da stime che la Val d’Agri potrà vivere per altri 50 anni di petrolio, c’è bisogno al più presto  di una programmazione che veda coinvolti e dia responsabilità a tutti i livelli istituzionali. 
m.labanca@luedi.it

VIGGIANO – Il viaggio del Quotidiano nella valle del petrolio e degli euro è finito. Ci lasciamo il Centro Oli alle spalle e, percorrendo la strada provinciale, basta arrivare a Villa d’Agri per respirare un’altra aria. Sul rettifilo affollato di negozi di vario genere, il traffico è sostenuto nelle ore di punta. Bar e ristoranti sono pieni, a ora di pranzo ma anche a cena. Non è che Villa d’Agri sia chissà che grande realtà, ma anche questo piccolo paragone esalta le differenze. 

 

La sensazione è che da queste parti l’economia locale giri un po’ meglio rispetto al paese che ospita il Centro Oli. Molto probabilmente  è anche lo stesso personale Eni a fare più riferimento a questo comune che è altrettanto a portata di mano rispetto alla zona industriale. 

Ma – ci dicono – è soprattutto grazie a dipendenti  e utenti di ospedale e banche – oltre che al migliore posizionamento geografico – che in giro c’è più movimento. Il polo dei servizi, almeno in superficie, sembra aver portato effetti più immediati sul tessuto economico locale rispetto al petrolio. 

Per carità, l’ingente quantità di danaro che l’oro nero ha portato nelle casse del Comune di Viggiano non è neanche lontanamente comparabile al benessere derivante da qualche attività commerciale e dagli uffici. Ma nel paese della Madonna nera e dei piccoli suonatori di Arpa, le giornate sono scandite dallo stesso ritmo di un qualsiasi altro paesino dell’entroterra lucano. La ricchezza puoi vederla nei numeri, ma non toccarla. 

Anche le grandi opere che il primo cittadino Giuseppe Alberti rivendica con orgoglio, anche se la gran parte ancora in via di realizzazione, non hanno ancora regalato a Viggiano il volto del paese più pagato in Italia dalla compagnie del petrolio. In giro per i vicoli del centro realtà  ci sono anche due giovani informatori Eni che si stupiscono per una comune che in fondo non ha nulla di particolarmente diverso rispetto a tanti altri.  

Nonostante i bandi dell’amministrazione comunale finanziati dalle compensazioni economiche che derivano dalle estrazioni, che prevedono agevolazioni per l’imprenditoria e l’artigianato locale, i negozi sono pochi e non particolarmente forniti. A Viggiano, poco più di tre mila abitanti per 21 pozzi di petrolio, non c’è nemmeno un forno. In compenso ci sono ben 25 associazioni. Un popolo particolarmente attivo. O semplicemente molto interessato ai contributi elargiti dal Comune per questo tipo di attività che non comportano alcun tipo di rischio imprenditoriale. In paese si respira con un legame con le tradizioni molto forte. Come suggerisce il simbolo dell’arpa disegnato sulle vetrine di diversi negozi del centro e non solo. 

L’elemento più moderno è rappresentato dall’ascensore che dal piazzale del Municipio porta ai parcheggi. Un paio di bar nella piazzetta sono affollati soprattutto da gente del posto. Di dirigenti Eni neanche l’ombra. 

Ma ci dicono che alcuni di loro abitano sul posto. Una zona residenziale che si distingue per le case spaziose e ben tenute con giardino e ottimi arredi. Anche il centro del paese si presenta ordinato e ben tenuto. Anche se ci sono molti cantieri aperti. Il centro storico ha qualche pecca, nonostante i soldi del terremoto prima e quelli del petrolio dopo. 

Molto probabilmente – come dice il sindaco Alberti – quando il grosso dei lavori pubblici sarà completato Viggiano avrà un altro aspetto. Se questo riuscirà a mettere in moto un circuito economico differente e parallelo alle attività estrattive non è da vedere. Fino a ora, però l’impresa non è riuscita. 

Ma sarebbe un errore pensare che lacune o i ritardi siano addebitabili solo all’amministrazione comunale. Viggiano è sostanzialmente un paese lasciato solo a gestire una ricchezza impensabile per un comune di quelle dimensioni. Dice bene il sindaco Alberti quando sottolinea che ci sarebbe bisogno di una regia più ampia per programmare le politiche di un’intera valle. Uno sviluppo che invece ancora oggi è ostaggio della latitanza istituzionale, o nel migliore dei casi, dell’accavallamento di competenze di un modello gestionale che fa acqua da tutti le parti. 

E lì dove anche solo il buon senso basterebbe a guidare la buona azione bisogna fare inevitabilmente i conti con ostacoli squisitamente “burocratici”. Come la differenza di “giurisdizione” per le aziende dell’area: che pur distando pochi metri l’una dall’altra ricadono chi nel comune di Viggiano, chi nel comune di Grumento, con le conseguenti diversità di trattamento e di opportunità. 

Un caso per tutti che dice una cosa: se è vero come da stime che la Val d’Agri potrà vivere per altri 50 anni di petrolio, c’è bisogno al più presto  di una programmazione che veda coinvolti e dia responsabilità a tutti i livelli istituzionali. 

m.labanca@luedi.it

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